Tra le numerose mostre che in tempi recenti si sono addentrate nell’intricato confine tra arte e musica –ricordiamo Sound & Vision a Perugia e le Good Vibrations di Siena- l’esposizione di Merano ci pare una delle meno scontate. Certo i punti fissi ci sono tutti, e non potrebbero assolutamente mancare: ecco così le celeberrime copertine di vinili realizzate dall’icona pop Andy Warhol, su tutte quella con banana per i Velvet Underground; ecco una delle numerose versioni di Tuttestelle di Schifano, accompagnata da numerosi paesaggi televisivi ritoccati col colore; ecco, per concludere con i punti cardinali, un paio di Swinging London di Hamilton. Se la pop art, con la sua attenzione ai prodotti e agli eventi di massa –e quindi anche alla musica e alle sue icone-, è dunque il pesce grosso del percorso, le opere che trasformano questa mostra in un evento sono a nostro giudizio altre, ovvero quelle relative all’arte psichedelica e alla street art.
Sono correnti per molti ininfluenti e marginali, ma in realtà fresche figlie di un’idea multimediale dell’arte, capaci di passare dalla tela al manifesto, dalla geometrica copertina di un vinile alla rudezza di un muro. Prendiamo ad esempio l’arte psichedelica, con la sua esplosione di colori, i suoi frattali, il suo reinventare in maniera acida Beardlsey e l’art nouveau. Dalla copertina del 33 giri cult dei Beatles, St. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, realizzata da Peter Blake e Jann Haworth, si passa ad esempio alla serie di fotografie di Franco Vaccari scattate nel ‘70 in occasione del Pop Festival sull’isola di Wight, uno dei tanti eventi che alternavano musica ed happening artistici. L’arte psichedelica divenne però, tra anni Sessanta e Settanta, un fenomeno di massa grazie a talune riviste underground–dall’americana San Francisco Oracle alla londinese Ozz– e ai manifesti di concerti ed eventi, realizzati da artisti e grafici come Bonnie MacLean e Rick Griffin; tutto questo ebbe una sua significativa stagione anche in Italia grazie ad artisti come Matteo Guarnaccia, purtroppo ignorato nel percorso.
Fenomeno relativamente più recente è poi quello della street art, che a tempo di musica graffia i muri con bombolette spray, adesivi e stencil. In questo caso il percorso proposto è stato felicemente di ricerca: partendo da mostri sacri americani come Haring, Basquiat e Toxic, si è giunti alle variazioni italiane sul tema, da coppie ormai conosciute come Cuoghi e Corsello a quelle più giovani ma non meno promettenti come Blu e Ericailcane, che come loro abitudine hanno realizzato dei vasti murales anche fuori dagli spazi canonici della galleria. Un caso a parte è infine Laurina Paperina, che con i suoi mostriciattoli-supereroi rappresenta un’evoluzione della street culture verso l’immaterialità della net art.
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ma non facciamo ridere i polli...
perchè, mi chiedo perchè, deturpare il già discusso nome della net art, riferendogli i "disegnini" di laurina paperina???
come siamo caduti in basso...