Una selezione d’opere scelte tra quelle che il recente riassetto della Galleria Nazionale d’Arte Moderna non è riuscito a liberare dall’anonimato dei depositi.
Il criterio selettivo adottato dalla curatrice, Mariastella Margozzi, è d’ordine tematico e indaga “gli stili di vita quotidiana di una piccola borghesia italiana nel trentennio che va da un dopoguerra all’altro del secolo scorso” (Sandra Pinto). Sui tre piani sono esposti oltre quaranta artisti, i cui dipinti e sculture sono troppo spesso riconoscibili solo per gli evidenti debiti stilistici nei confronti dei colleghi più noti.
Accoglie il visitatore una galleria fotografica coi ritratti degli artisti e l’inconfondibile voce impostata dei primi cinecronisti. Nella sala al pian terreno, infatti, in un video realizzato per l’occasione, sono raccolti i giornali sonori sulle Quadriennali romane, le Biennali veneziane, le Mostre Fasciste e i vari Premi Artistici del tempo: un tuffo nella contemporaneità del cosiddetto “ritorno all’ordine” prima dell’inizio della mostra.
Nelle sale il ricorrere stilistico dei vari Giacomo Balla, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Filippo De Pisis, Achille Funi, Giacomo Manzù, Ottone Rosai (tutti presenti in mostra) si unisce a quello di grandi assenti quali Arturo Martini, Marino Marini, Mario Sironi e Gino Rossi. In tanta “quotidianità” emergono l’essenziale resa anatomica della Figura seduta di Emilio Greco, la marcata bidimensionalità dei Giocatori di polo (rivisitazione della quattrocentesca Battaglia di san Romano di Paolo Uccello) di Renato Birolli (Verona 1906 – Milano 1959), il sapiente omaggio alla tradizione pittorica del Cinquecento veneto offerto da Cipriano Efisio Oppo (Roma 1891 –1962) nel Ritratto della fidanzata e l’acuta introspezione dei due ritratti di “scuola buranese” firmati Pio Semeghini (Quistello, Mantova 1878 – Verona 1964) e Mario Vellani Marchi (Modena 1895 – Milano 1979).
L’idea, mantenuta nel catalogo, di ordinare le opere per temi e generi avrebbe certo reso più godibile e didatticamente apprezzabile questa mostra che invece si risolve in una fredda selezione guidata da un generico e allargato sentimento del quotidiano. Un plauso alla completezza della didascalie-scheda e al programma espositivo
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