Nel ‘51 Andrea Zanzotto intitola il suo primo libro di liriche Dietro il paesaggio. Un paesaggio in senso lato, quello raccontato in versi dal poeta veneto, “della memoria e della favola, di figure nascoste e di prodigi”, eppur concreto, tangibile.
Non dietro ma oltre il paesaggio è invece la direzione in cui paiono andare gli artisti veneti a partire dal secondo dopoguerra. Una direzione non certo unilaterale, ma contraddistinta da elementi comuni, in primis la creazione di un rapporto privilegiato con il reale e l’esplorazione dei nuovi media. È Villa Brandolini, a metà via tra le Alpi e la Laguna di Venezia, la location scelta per ospitare la prima tappa del progetto pluriennale Possibile paesaggio, a cura di Dino Marangon. Un progetto importante, in una provincia ancora troppo poco capace di scorgere nel contemporaneo un terreno fertile nel quale credere e investire.
Se buona parte dei lavori in mostra è collocabile all’interno di correnti artistiche e movimenti ben delineati, senza particolari spinte innovatrici, le opere di artisti come Germano Olivotto e Fabrizio Plessi paiono tracciare percorsi in parte inesplorati. Ruotano attorno al rapporto natura-artificio le Sostituzioni di Olivotto: elementi come rami e tralci sono rimpiazzati da tubi al neon fluorescenti e, pur nella loro estraneità, s’inseriscono perfettamente nel paesaggio circostante. Anche il lavoro di Plessi coniuga elementi naturali e artificiali: l’installazione Lava provoca un détournement, unendo la materialità della pietra lavica all’immaterialità del video. L’incendio della natura rumoreggia e scorre sotto la superficie riflettente del monitor.
Al pianterreno, una piccola stanza ospita le ricerche video maturate all’interno della Galleria del Cavallino, tra i principali centri italiani di produzione di videoarte negli anni ‘70. Non manca, fra le tematiche affrontate, l’esplorazione del paesaggio. In pochi istanti si compie un viaggio nella storia dell’arte attraverso le Analogie di Guido Sartorelli, e dai minuscoli tasselli del mosaico bizantino ai pixel televisivi il passo è breve. Dall’interferenza emerge lentamente un paesaggio di Alfred Sisley e il video si chiude come spegnendo il tasto off del televisore.
Nel grande parco che circonda la villa trovano spazio, poi, le installazioni site specific di Claudia Steiner e di Enrico Minato. Due braccia in ceramica bianca circondano un albero secolare a lato del giardino (Circonferenza naturale), mentre L’uomo si ciba di paesaggio di Minato inghiotte l’intorno per poi restituirlo allo spettatore.
Un “gioco di colline” si specchia sulla superficie riflettente. E quel microcosmo, quell’angolo di mondo così vitale per Andrea Zanzotto, si anima di nuove voci, nel tentativo di fuggire al degrado impietoso della natura.
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