Categorie: altrecittà

Percorsi sonori: installazioni, sculture e architetture

di - 23 Luglio 2002

Apparentemente impalpabile e sfuggente il suono è dotato di “matericità”, di una strana capacità di innervarsi nel nostro corpo, di mettere in discussione le abitudini. Una ricerca senza fine che pare non esaurirsi e legare tra loro le mete raggiunte durante il secolo scorso fino alla stretta contemporaneità. Come spiegare, per esempio, la popolarità presso numerosi d.j.’s di cui ha goduto Luigi Russolo? O le numerose ristampe di materiali discografici fuori catalogo, come le collaborazioni di Fabrizio Plessi e Christina Kubisch, la musica di Marcel Duchamp o Milan Knizak di Fluxus. Sintomi, questi, di come la sound-art (arte del suono tout-court) e la ricerca sonora in genere siano animate da un rinnovato slancio creativo. E non a caso ovviamente l’esplosione della tecnologia digitale e la sua ‘normalizzazione’ dettata dai miglioramenti apportati agli stumenti di registrazione e dell’editing del suono, stimolano, non solo, l’interesse di numerosi musicisti/artisti ad indagare il suono come materia espressiva, ma sviluppa soprattutto una sensibilità diversa. In bilico tra arte, design sonoro e teatro sperimentale, le ultime generazioni hanno sviluppato una curiosa interpretazione dei diversi generi musicali del secondo ‘900 (elettroacustica, minimalismo, elettronica…) filtrati da un’attitudine pop/rock, eseguiti tanto con strumenti e supporti digitali, quanto da curiose macchine elettriche o meccaniche, vecchi synth, campionatori analogici e theremin.
Una matassa intricata, allora, che si dipana secondo diverse direzioni di marcia. Da un lato riemerge la musica concreta, caratterizzata da una sorta di classificazione ed esplorazione di suoni e rumori intesi come ready-mades, che prelevati, appunto dal mondo esterno, vengono poi riassemblati con abile tecnica di regia e montaggio. Ne sono un esempio, tra gli altri, le vicende artistico/musicali di Brandon Labelle, Olivia Block, Steve Roden, Steve Peters, Giuseppe Ielasi, Loren Chasse.
Il ‘campionamento’ diventa un’attitudine, si trasforma nella possibilità di creare veri e propri spazi sonori, di erigere architetture sonore, ovvero, tradurre luoghi e ambienti fisici esclusivamente attraverso i suoni e rumori che li abitano. Site of Sound (Errant Bodies Press, 1999) è un libro a cura di Brandon Labelle e Steve Roden che raccoglie una serie di saggi sulle architetture e i luoghi del suono. I due americani hanno redatto uno dei contributi teorici più interessanti sulla sound-art coinvolgendo numerosi musicisti e teorici: da Loren Chasse, a David Dunn e Khristina Kubisch, fino a Giancarlo Toniutti e Achim Wollscheid. Dalla lettura emerge un panorama variegato d’esperienze e riflessioni che conducono all’idea – ma soprattutto alla reale possibilità – di progettare nuovi paesaggi acustici, di costruire dispostivi architettonici che vadano a sollecitare un ampio spettro di stimoli sensoriali. Un altro paesaggio è quello che emerge in una seconda raccolta di saggi curata sempre dallo stesso Brandon Labelle insieme a Christof Migone intitolato Wrinting Aloud (Errant Bodies Press, 2001): tanti i nomi chiamati in causa. Questa volta il luogo esplorato e quello della parola, intesa nella sua essenza sonora, che viene a declinarsi attraverso ogni possibile modalità espressiva e di sfondamento dello spazio stesso.
Ed è proprio su quest’ultimo aspetto (la spazializzazione del suono) che si basano le recenti ricerche del sound-designer Massimo Carozzi (membro di ZimmerFrei): Spazio largo è il loro recente lavoro, un dispositivo multiplo (installazione, live, cd) che catapulta il fruitore all’interno di uno schermo cinematografico, privo d’immagini, percorso da un flusso sonoro impastato di dialoghi, citazioni letterarie e rumori che ondivagano senza soluzione di continuità. Paolo Piscitelli, invece, buca lo spazio fisico, passando dal gesto fisico (realizzando per esempio una serie di noccioli attraverso la sovrapposizione di nastro adesivo) alla sua traduzione sonora diffusa tramite installazioni. Il gruppo siciliano Cane Capovolto invece si diletta nella messa in discussione dei luoghi comuni della società attraverso una serie di lavori veicolati dai mass-media quali per esempio la radio: ultimamente, infatti, hanno mandato in onda dalle frequenze di Radio Città del Capo di Bologna (in collaborazione con Xing) una serie di spot paradossali e surreali che sovvertivano letteralmente la logica pubblicitaria del prodotto. Lo spazio da loro utilizzato è stato quello sociale di diffusione dell’informazione.
C’è poi il salto successivo, in altre parole, la fusione tra strumento acustico ed elettronica, una delle strade che meglio ci proietta verso una pratica musicale completamente rinnovata e che trova nell’elettroacustica storica (come dimenticare ancora una volta, la volontà di Russolo di inserire i suoi intonarumori, seppur di specie meccanica, all’interno di un’orchestra?) un punto di partenza imprescindibile. Con una differenza fondamentale: se un tempo le soluzioni raggiunte erano piuttosto ostiche e rudimentali, un po’ per i limiti patiti dalla tecnologia e un po’ per il compiacimento di molti degli artisti ad essere dissonanti e oltranzisti, oggi al contrario c’è un forte recupero dell’emotività, una spiccata tensione ad inedite e imprevedibili melodie: nomi come, Rolf Julius, Christian Fennesz, Pita Jim O’Rourke, Rafael Toral, Stephen Vitiello, David Maranah, hanno partorito vere e proprie pietre miliari del genere, orchestrando una serie di soluzioni dove il rumore è letteralmente “intonato”.
Carsten Nicolai artista visivo (conosciuto in musica con l’alias di Noto), Robin Rimbaud (Scanner) o Ryoji Ikeda, Mika Vainio, hanno spremuto, invece, a fondo la possibilità di generare e creare sinteticamente il suono mixandolo abilmente ad altri medium (si parla di mixed-media), lavorando sull’elaborazione del glitch (dell’errore) – e del suo controllo, scolpendo nuovi timbri sonori e ritmiche anomale; hanno dotato il suono di una nuova grammatica e sintassi lambendo i confini estremi del fare musica con le macchine.
La musica come suono, di là dello spartito, della composizione classica, della melodia retorica, della mimesi rappresentativa del sentimento, tende così verso una nuova armonia, assume il mondo come cassa di risonanza. Arte e musica assurgono alla possibilità di ripensare il mondo, di nutrirsene e riformularlo, e similmente ad una trama intricata da scomporre, la realtà delle cose rivendica, non un rapporto visivo e monodimensionale con il soggetto, bensì sonoro ed espanso.

marco altavilla

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kaon.org/brandon_labelle/index.php
rafaeltoral.net/
noton.org/
ps1.org/cut/volume/artistlist.html
<a href=http://www.singuhr.de/text/julius.htm target=http://www.singuhr.de/text/julius.htm
carolamagazine.com
multsanta.madvision.co.uk/fennesz/
hyperreal.org/intersection/zines/est/intervs/orourke.html
mego.at/index2.html
dfuse.com/scanner/
touch.demon.co.uk/bulletin.html

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  • molto interessante, anche per i numerosi link.

    recentemente ho visto a francoforte una bellissima mostra dal titolo frequenzen, di installazioni sonore molto orientate su queste idee.

    suggerisco anche, su un versante piu' "ambient" un libro che mi è piaciuto moltissimo, "oceano di suono" di david toop (critico della rivista the wire) edito da costa e nolan qualche anno fa.

  • Grazie mille del tuo commento Alessandro. Mi piacerebbe sapere quante persone hanno interessi di questi tipi. La sonud art in questi ultimissimi tempi emerge con forza preponderante anche in Italia. Della mostra a Francoforte è stato pubblicato anche un catalogo che pare interessante. Anche il Sonar quest'anno ha ospitato una mostra molto particolare su alcune situazioni di installazioni sonore. Invece sempre di David Toop ti consiglio di cercare il catalogo di una mega mostrona chiamata Sonic Boom di qualche anno fa : un grande evento nel genere che al di là delle critiche negative di allestimento è stata una pietra miliare.

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