Categorie: Arte antica

Doppio Caravaggio a Capodimonte: l’Ecce Homo dialoga con la Flagellazione

di - 24 Luglio 2025

L’Ecce Homo di Caravaggio torna a Napoli, la città in cui fu verosimilmente dipinto, per un’esposizione dal forte impatto storico e simbolico: l’opera, “riscoperta” a Madrid solo nel 2021,  sarà esposta fino al 2 novembre 2025 al Museo di Capodimonte, affiancando un altro capolavoro del grandissimo artista, la Flagellazione di Cristo, originariamente concepito per la Cappella De Franchis nella chiesa di San Domenico Maggiore, tracciando un intenso confronto visivo tra due vertici del periodo napoletano del Merisi. Le due opere erano già state esposte insieme nella grande mostra caravaggesca recentemente conclusa a Palazzo Barberini di Roma, organizzata per il Giubileo e visitata da più di 450mila persone in 137 giorni di apertura.

Attribuito a Caravaggio (Michelangelo Merisi), Ecce Homo, 1606-07 ca. o 1609 ca., olio su tela, Icon Trust

Presentata dal direttore Eike Schmidt e sostenuta dal Comune di Napoli nell’ambito delle celebrazioni per i 2500 anni della città, la mostra è l’ultimo capitolo del ciclo L’Ospite, pensato per valorizzare il patrimonio del museo in dialogo con prestiti eccezionali.

Ecce Homo, dalla Madrid privata alla Napoli pubblica

Il percorso dell’Ecce Homo ha qualcosa di romanzesco: ritrovato nel 2021 nel salotto di una casa privata a Madrid e messo all’asta come opera della “scuola di Ribera” – lo Spagnoletto, celebre pittore spagnolo attivo a lungo a Napoli –, con una base di partenza di appena 1500 euro, il dipinto ha rapidamente attirato l’attenzione degli studiosi. La storica dell’arte Maria Cristina Terzaghi ha identificato la tela con un’opera perduta che appartenne al viceré di Napoli Garcia Avellaneda y Haro e il consenso critico sull’attribuzione a Caravaggio è stato pressoché unanime, caso più unico che raro.

Dichiarata inalienabile dal governo spagnolo, la tela è oggi di proprietà di un collezionista privato britannico residente in Spagna, che ne ha consentito l’esposizione pubblica prima al Museo del Prado, quindi a Roma e ora a Napoli.

Un trittico napoletano caravaggesco

Accanto alle due opere di Caravaggio, a Capodimonte è esposto anche un altro Ecce Homo, opera di Battistello Caracciolo, tra i più devoti interpreti napoletani del maestro lombardo. Proveniente dai depositi del museo, il dipinto dialoga idealmente con i due capolavori esposti, suggerendo continuità stilistiche e possibili rapporti diretti tra i due artisti. La prossimità formale tra l’opera di Battistello e l’Ecce Homo madrileno ha fatto ipotizzare addirittura – come si legge in catalogo – una supervisione diretta da parte di Caravaggio.

Battistello (Giovan Battista Caracciolo), Ecce Homo, olio su tela, Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte

«La presenza dell’Ecce Homo a Capodimonte, accanto alla Flagellazione e al lavoro di Battistello, non è solo un’occasione espositiva irripetibile, ma anche un potente strumento di rilettura della fortuna napoletana del linguaggio caravaggesco», ha ricordato Schmidt.

«Come Fringefestival proporremo qui in autunno appuntamenti performativi dedicati a Caravaggio e al suo legame ideale con alcuni geni contemporanei», ha inoltre anticipato Laura Valente, direttrice artistica del progetto Napoli2500. «E nel quadro della collaborazione con il Museo e Real Bosco, frutto dell’adesione entusiasta del direttore Schmidt alle celebrazioni per il compleanno di Neapolis, annunceremo a breve una mostra di arte contemporanea internazionale, dal messaggio potente, per il cartellone di fine anno».

Caravaggio, Flagellazione di Cristo, dipinto a olio su tela (286×213 cm), 1607-1608, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli

La Conversione di Paolo rimane a Palazzo Barberini

Nel frattempo, anche a Palazzo Barberini prosegue un’esposizione d’eccezione: La conversione di Paolo, nota anche come Pala Odescalchi, resterà visibile fino al 30 settembre nella Sala del Paesaggio, in dialogo con una riproduzione in alta definizione dell’altra celebre Conversione, conservata nella Cappella Cerasi della chiesa romana di Santa Maria del Popolo.

foto Alberto Novelli e Alessio Panunzi

Questa doppia esposizione consente una comparazione ravvicinata tra due versioni dello stesso tema, rivelando l’evoluzione del linguaggio pittorico del Merisi: dalla narrazione teatrale e dinamica dell’altare ligneo alla più raccolta e spirituale intensità della seconda versione su tela. Il percorso è arricchito da indagini tecniche, tra cui la riflettografia a infrarossi realizzata nel 2006, che svela modifiche in corso d’opera e l’uso di pigmenti preziosi come azzurrite, oro e argento.

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