Jan Vermeer, Suonatrice di chitarra, 1672 circa, Kenwood House, Londra
Che cosa distingue un capolavoro da una copia? E quanto conta l’occhio di chi guarda, al di là degli strumenti scientifici? A Londra, la Kenwood House ha deciso di porre queste domande al proprio pubblico, affiancando per la prima volta dopo tre secoli due versioni quasi identiche del dipinto La suonatrice di chitarra, attribuito a Johannes Vermeer.
L’immagine è tra le più celebri dell’artista olandese: una giovane donna con lo strumento – una chitarra barocca – tra le mani, lo sguardo gioioso nella concentrazione e nell’estasi musicale. Da un lato, la tela di Kenwood, firmata e in ottimo stato di conservazione, da sempre considerata l’originale. Dall’altro, la versione custodita dal Philadelphia Museum of Art, che presenta differenze minime ma sostanziali – per esempio, l’acconciatura in trecce al posto dei riccioli ma, soprattutto, l’assenza della firma che, nella versione londinese, è presente a destra, “IVMeer”, sul lato inferiore della tenda – a lungo ritenuta una copia seicentesca o settecentesca.
Negli anni Venti del Novecento il verdetto sembrava definitivo: autentico il dipinto inglese, derivativo quello americano. Ma nel 2023 un ricercatore olandese ha riaperto il caso, ipotizzando che il quadro di Filadelfia potesse essere una replica autografa dello stesso Vermeer. Se la paternità dovesse essere confermata, sarebbe una scoperta di enorme valore, considerando che il mitico pittore di Delft ci ha lasciato appena 37 opere riconosciute e non è mai stato solito duplicare i propri soggetti.
In attesa dei risultati delle nuove analisi condotte in parallelo dalle due istituzioni, la mostra Double Vision: Vermeer at Kenwood, visitabile fino all’11 gennaio 2026, mette il pubblico nella posizione, rara e preziosa, di «Diventare detective», come osserva Wendy Monkhouse, senior curator di English Heritage, ente che gestisce la collezione di Kenwood House. La sfida è tutta nello sguardo: lasciarsi sedurre da quella bellissima confusione che nasce dal confronto diretto, decidere con i propri occhi quale delle due tele trasmetta la scintilla dell’originalità.
L’occasione espositiva è nata sulla scia del 350mo anniversario della morte di Vermeer, che ha offerto il pretesto ideale per riaccendere il dibattito sulla fortuna critica del pittore. Un anniversario celebrato su scala internazionale, come ha dimostrato la visitatissima retrospettiva organizzata dal Rijksmuseum di Amsterdam nel 2023, che ha riunito la maggior parte delle opere conosciute di Vermeer e ha ridefinito la percezione globale del suo lascito.
Qualunque sarà la sentenza delle indagini, il dialogo visivo promette rivelazioni. Se davvero il pittore avesse dipinto entrambe le versioni, ci troveremmo di fronte a un unicum nella sua produzione. Se invece la copia fosse opera di un altro artista, saremmo di fronte a un talento dimenticato. A volte basta una treccia al posto di un ricciolo per riaprire, dopo trecento anni, una questione di autentica bellezza.
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