Installation Views: Oltre l’ultimo cielo, 2025, Casa Sponge Pergola (PU). Foto Michele Alberto Sereni. Courtesy Casa Sponge
Benvenuti a Casa Sponge, presidio d’arte contemporanea immerso nella campagna marchigiana, a Mezzanotte di Pergola, luogo di sperimentazione e accoglienza, dove l’abitare si fa gesto estetico e politico.
La bandiera di Antonello Ghezzi che ci accoglie all’entrata sembra indicare il percorso con la sua inclinazione di 45 gradi: è garbata e pronta a ricevere il minimo refolo di vento che volesse muovere l’aria in questa calda estate. Per un attimo si confonde con il cielo, perché è questo che sta a significare: è una bandiera identitaria, ma di tutti. A Casa Sponge anche una finestra diventa una bandiera, come mostra l’opera di Mario Consiglio You are a legend, che può diventare la bandiera di tutti. La mostra – a cura di Francesco Perozzi e Marcella Russo, visitabile su appuntamento fino al 21 settembre – invita chi entra a esplorare, come si fa in un posto sconosciuto, e Giovanni Gaggia, il fondatore di Casa Sponge, espone per la prima volta un’opera che trasforma i calciatori di un biliardino in piccoli astronauti contro un cielo azzurro, alla ricerca della loro via a centrare l’obiettivo del proprio dimenarsi.
Ma è salendo al piano principale della Casa che si vede il Cielo: mirare verso un punto dell’universo ci rende esploratori, ma sognatori nei cieli di Davide Mancini Zanchi, e immaginifici nella perfetta forma del cerchio di Massimo Uberti. Subito accanto, l’opera di Grazia Toderi apre una fenditura luminosa e affettiva: una fotografia nata come dedica al fratello scomparso, che trasforma la distanza siderale in ritorno intimo. E ancora il cielo, fra le più belle costrizioni delle vie di città, perfette nelle loro secolari architetture inamovibili di Michele Alberto Sereni. E poi il gioco delle Polaroid di Nobuyoshi Araki, che tenta di catturare l’infinito in piccoli scatti, come a trattenerne la memoria.
Arriviamo dove tutto comincia: i cieli di oggi che ci fanno capire che siamo ancora qui, che alzare lo sguardo ci rende vivi. Si respira guardando il cielo e si rimane vigili su quello che può accadere. Il ricamo di Giovanni Gaggia, Come è il cielo in Palestina?, richiede la risposta da chi il cielo ha la fortuna di rivederlo ogni mattina, ma vorrebbe ammirarlo come speranza di un vivere libero.
Sarà importante non sentirsi imprigionati, come le ombre di uccelli di Gedske Ramløv, bloccati in uno spazio angusto dove, nell’impossibilità di volare, si rinuncia alla propria natura, alla vita che ci è stata assegnata.
Si gira ancora per la Casa cercando sprazzi di quel cielo immaginato e grande, ma ricordato anche dai drappi abbandonati in una minuta camera da Antonello Ghezzi o nel corridoio, in quella minuscola fotografia di Mario Consiglio che ritrae un edificio: due finestre ritagliate come occhi, pronti a scrutare oltre.
Ma ancora non basta: dove cercare gli alieni, se non guardando il cielo? Nel video di Stefania Galegati, tra fantasie del cinema e credenze popolari, il cielo ci regala la compagnia di altre vite, sogni e speranze.
L’altalena di Massimo Uberti, posizionata all’esterno sulla cima di una collina, ci invita a respirare nella leggerezza del movimento, un tutt’uno nel cielo che ci circonda.
La breve guida al percorso delle opere esposte è utile, come lo è la ricerca di un filo conduttore che ha messo insieme artisti diversi con la loro visione poetica dell’Oltre l’ultimo cielo, per catturarne il mistero e il suo rapporto con l’umanità. Allo stesso tempo però lo sguardo viaggia insieme a una leggera sensazione di asfissia guardando il cielo, che per definizione è senza limiti, senza confini, senza fine, libero.
Si ha l’impressione di vedere nelle opere esposte il tentativo degli artisti di cercare un punto nel cielo per esplorare la loro connessione con esso, una ricerca del proprio cielo interiore e di ciò che esso rappresenta. Gli artisti coinvolti in questa Casa che li ospita appartengono, se non tutti, la maggior parte, a una generazione che ha indagato in innumerevoli direzioni e tentano di individuare quel punto sicuro dentro sé stessi per non perdersi, come stiamo facendo sotto cieli che non lasciano più vedere oltre: cieli oscurati da inquinamento, da incendi, da eruzioni vulcaniche, da pennacchi di fumo denso causati dal lancio di bombe, da guerre insensate e ripugnanti.
Il cielo, attraverso uno sguardo intimo ma non intimista, è quello che è dentro di noi e non sarà possibile goderne se non lo liberiamo dagli offuscamenti dell’anima, che possono trasformarlo in un limite delle nostre vite.
Guardare il cielo rimane il modo migliore di pensare al nostro essere, al grande privilegio che le nostre vite hanno nel manifestarsi, alla possibilità di creare quello che non c’è ancora. E proprio nell’apparente limite di una solitudine creativa, il cielo è lì e permette di alzare lo sguardo.
È possibile visitare la mostra esclusivamente su appuntamento, tramite prenotazione al numero +39 339 4918011.
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