Officina Malanotte, 2025, Bonotto Delle Tezze, Vazzola, foto Nico Covre
Nell’incantevole tenuta Bonotto Delle Tezze a Tezze di Piave, la cultura enologica italiana sposa l’arte contemporanea nell’ambito di un progetto laboratoriale voluto da Antonio Bonotto e la sua famiglia, a cura di Daniele Capra e con la direzione artistica di Nico Covre. Il valore aggregante è tra gli ingredienti principali di questa esperienza che ha visto quattro artisti risiedere presso la tenuta Bonotto Delle Tezze per tre settimane, con l’intento di interpretare il territorio e condurre la propria ricerca, lasciandosi ispirare da un contesto ricco di storia e tradizioni. Officina Malanotte, residenza artistica giunta ormai alla sua quarta edizione, ha coinvolto, per il 2025, gli artisti Romina Bassu, Andrea Kvas, Matteo Negri e Pierluigi Scandiuzzi.
Gli ambienti, le cantine, i depositi si sono trasformati in un atelier creativo in cui il binomio arte – vino ha generato un percorso virtuoso, consentendo alla creatività di entrare in azienda. Il percorso si è concluso con una mostra espositiva di trenta opere, visitabile fino al 29 giugno 2025.
Esperienze di questo genere rappresentano un interessante volano di crescita e agiscono in maniera efficace sul territorio. L’arte incide sulla cultura aziendale e favorisce lo sviluppo di impresa in maniera trasversale, coniugando diverse forme di sapere: antiche, come quella di produzione del vino, e nuove come la riflessione offerta dall’arte contemporanea. Incentivare l’arte in ambito imprenditoriale significa investire sull’identità del luogo. Favorire il dialogo costante tra contesto sociale e impresa rappresenta una modalità per rinsaldare il rapporto di fiducia con il contesto in cui si è inseriti.
In questa edizione, gli atelier utilizzati dagli artisti sono stati ricavati nei locali di un’antica bottega alimentare affacciata su strada, da poco entrata a far parte del patrimonio dell’azienda. Passeggiare sul corso di questa ridente cittadina nella campagna della Marca trevigiana consente, dunque, di ammirare il risultato di questa esperienza condivisa.
Romina Bassu nelle sue opere interpreta la figura della donna inserita in un contesto intimo e personale. Le soluzioni che l’artista sceglie, denotano una concentrazione profonda sull’essenza della propria individualità . Romina Bassu ascolta la voce interiore di tutte le donne e la trasferisce sulla pellicola pittorica con grande eleganza, in maniera sobria, senza tuttavia disattendere il grido che sente appartenere all’umanità . Sostituire la maternità con un’anguria o manifestare la propria paura di non essere presentabile per mezzo di un calzino bucato, rappresentano il retaggio silenzioso di una sensibilità che, nella visione dell’artista, coglie profondamente le dimensioni più intime e invisibili del mondo femminile. Le sue figure avvertono le logiche opprimenti del mondo maschile, intuizioni che l’artista denuncia con silenziosa assertività attraverso personaggi simbolici, resi con colori delicati che generano effetti stranianti, e pur sempre con grande forza espressiva.
Il bisogno di raccontare la stratificazione umana invece, trova posto nelle opere di Andrea Kvas in cui diversi strati pittorici affollano le superfici rettangolari delle tele, a testimonianza di una ricerca inattesa. L’artista è incuriosito dall’effetto che la stratificazione produce sui materiali – rigorosamente di matrice industriale – e osserva le immagini astratte che ne derivano. Si lascia stupire dal risultato finale e attende che lo spettatore, nell’avvicinarsi, si ponga la domanda fatale. Cosa rappresenta? La ricerca che l’osservatore rivolge all’opera fa sì che si proceda a quell’analisi intrinseca che l’artista richiede: un’analisi anarchica dettata dalla destrutturazione dell’atto pittorico. Si è quindi risucchiati dall’esigenza di guardare il manufatto da più angolazioni, nella fervente ricerca di trovarne un senso. Kvas va dunque fino alla multiformità dell’indagine e produce uno stimolo di richiesta nell’osservatore che apre, sempre, ad interpretazioni personali e soggettive, e lo costringe a non ricorrere ad una visione monolitica della realtà .
Il rinvenimento nell’officina di marchingegni meccanici per la riparazione di trattori, ha ispirato l’opera di Matteo Negri che, ascoltando l’ontologia del luogo, riunisce nelle sue opere pezzi di ricambio metallici e bottiglie di vetro. La storia della famiglia viene così a depositarsi in questa singolarissima crasi in cui, il calco tratto dalle bottiglie, non è altro che un’ulteriore rappresentazione di come il corso del tempo ne abbia modificato la storia, senza tuttavia alterarne l’indole. La famiglia compare tra i meandri delle rappresentazioni di Matteo Negri in maniera silenziosa e discreta. La mano sapiente del capo famiglia fuoriesce dall’installazione dell’opera Man de Toni, che emerge dal muro, mentre sorregge una bottiglia di vino capovolta. Gli elementi naturali della tenuta vengono riuniti in opere in cui, patinati e sottratti allo scorrere del tempo, vengono assemblati come unici componenti di una realtà più grande, quasi a rendersi parte di un disegno comprensibile solo se osservato nella sua interezza, come dimostra l’opera Daily routine.
Pierluigi Scandiuzzi ha scelto il plain air e si è lasciato ispirare dal territorio in cui si inserisce la tenuta. Ha selezionato la riva del fiume o l’immagine di un gatto per ritrarre il contesto e restituirlo in tutta la sua semplicità . Il suo desiderio di confondersi con ciò che lo circondava lo ha portato spesso a dipingere anche la cornice, istituendo così un flusso continuo tra rappresentazione e realtà . Scandiuzzi si immerge nelle sue tele senza soluzione di continuità , lasciandosi coinvolgere pienamente, prediligendo spesso soggetti tratti dal registro comune e quotidiano. Nel guardare i suoi quadri, l’osservatore ha l’impressione di essere presente all’atto creativo, di esserne immerso e appartenere all’evento.
I quattro artisti hanno voluto celebrare la loro residenza presso Officina Malanotte con il murales A ray of love lock su cui sono intervenuti in maniera corale. Ognuno di loro è perfettamente riconoscibile nei diversi passaggi dell’opera, a testimonianza anche della grande esperienza condivisa, ma anche del profondo legame umano instaurato tra loro e con i proprietari della tenuta.
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