Che fine ha fatto Pinot Gallizio? Sulle tracce di un artista dimenticato dalla sua città

di - 25 Ottobre 2023

Recentemente mi sono recata ad Alba. Finalmente, mi sono detta. Ho fatto una tesi su Pinot Gallizio, ma era il periodo del Covid e quindi la mia mobilità era limitata. Non vedevo l’ora di vedere la città che l’artista aveva così tanto amato, dedicandogli tutta la sua vita. Casualmente la mia visita è coincisa anche con la Fiera del Tartufo: perfetto, mi sono detta. Nelle mie ricerche sui libri c’erano manifesti fatti proprio da Gallizio e da altri artisti come Fontana, una festa storicamente importante per Alba a cui Pinot Gallizio ha sempre tenuto moltissimo. Mi sembrava di poter rivivere quasi i momenti di festa, di arte, di ispirazione. E invece, ad Alba, di Pinot Gallizio non c’è traccia. O meglio, ci sono tracce ma di quelle che solo Sherlock Holmes potrebbe trovare per risolvere un misterioso caso. Che fine ha fatto Pinot Gallizio?

Pinot Gallizio e Soshana Afroyim ad Alba, 1960. Ph. Schueller

Non c’è traccia dell’artista, che tra il 1953 e il 1964, anno della sua prematura scomparsa, portò la città a essere un centro di arte a livello internazionale, senza contare l’impegno pubblico di Gallizio nel consiglio comunale, del quale ha fatto attivamente parte per due mandati. E così, investigando, si scopre che nella sede del comune è custodito un dipinto, Il lichene spregiudicato, insieme a due dipinti di Piero Simondo, altro protagonista del periodo di fibrillazione e sperimentazione artistica di Alba, pure lui dimenticato. Il municipio, purtroppo, non è visitabile.

Pinot Gallizio, Caverna dell’antimateria, realizzata per la Galleria d’arte René Drouin, Parigi, 1958-1959

Un altro dipinto si trova nel Teatro Sociale G. Busca, il bellissimo La notte etrusca, di cui era entusiasta anche Carla Lonzi nel suo periodo di critica d’arte. Pinot Gallizio aveva davvero radunato intorno a sé una serie di personalità di altissimo livello, eppure di tutto ciò sembra non essere rimasto nulla. Anche questo, non ho avuto il piacere di poterlo vedere.

Il Centro Studi Beppe Fenoglio, dove si dovrebbero trovare altre opere, compresa l’ultima, L’anticamera della morte, mi fa sapere che ormai, dal periodo del Covid-19, non è più visitabile. Inizialmente per i problemi che tutti e tutte noi sappiamo legati alla pandemia, dopodiché per altre non chiare direttive burocratiche e/o di sicurezza che evidentemente non sono prese in considerazione per ripristinare la visibilità della struttura. Anche queste, non ho avuto il piacere di poterle vedere.

L’unica soddisfazione – si fa per dire – mi è stata concessa dalla Sala Fenoglio, nel complesso del cortile della Maddalena, dove si stava tenendo un evento legato alla Fiera Internazionale del Tartufo. Sono riuscita ad accedere e a godermi il grandioso dittico Le fabbriche del vento. Più o meno. I due dipinti erano per una parte coperti da impalcature che pubblicizzavano l’evento – concetto che posso anche comprendere – ma una delle due era appoggiata sulla superficie del dipinto. Spero solo che sia stato danneggiato, come la mia speranza rispetto a questo viaggio.

La città di Alba ha molte bellezze in comune con tantissime città italiane: un delizioso centro storico, delle belle chiese, una tradizione gastronomica invidiabile – questa molto sponsorizzata, devo dire. Come spesso accade in Italia, ci vantiamo del nostro patrimonio artistico che si riduce a costosi pranzi con deliziosi vini in centri storici, alimentando solo ed esclusivamente l’industria turistica. Come spesso accade, ci dimentichiamo di tutta una rete che è esistita e che può tornare ad esistere, di intellettuali, artisti e artiste, scrittori e scrittrici, valorizzando una figura che solo e solamente Alba ha: Pinot Gallizio.

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