Che il punto di partenza dei lavori di Davide DâElia sia lâelemento biografico, il âdato soggettivoâ, è rinnovato anche nellâallegro pieghevole di mostra da Ex-Elettrofonica. Col suo brillante e piacevole arancione, oltre alla mappa con la collocazione delle opere presentate nella personale âriOâ, riporta anche il testo critico della curatrice Elisa Del Prete. Immediatamente dopo lâinformazione del luogo di nascita dellâartista (Cava dei Tirreni, 1973), condivide delle notizie della vita personale dellâartista: âe dâestate va al mare a Vietri. Lo stabilimento che adotta la sua famiglia è âLetiziaâ [âŚ] i due fratelli che lo gestiscono si separano e con loro anche i clientiâ. E la famiglia DâElia sceglie di rimanere fedele allo stabilimento piĂš legato alla tradizione, quello piĂš sentimentale, Letizia1. Davide si ritrova a fare delle veloci sortite anche in quello piĂš Ă la page, Letizia2. Qual è il peso di questo elemento biografico? Ă nel titolo delle due opere tra le piĂš suggestive, Primo Letizia e Secondo Letizia (2020). Tuttavia, è tutta la mostra (a partire dal titolo stesso che indica qualcosa a metĂ , un corso dâacqua che non è fiume) ad invitare a viaggi di fantasia, a riflessioni vaste. Una mostra che espone, oltre il suo operare attraverso il nostalgico objet trouvĂŠ caricato di ulteriori significati, due elementi peculiari della pratica artistica di Davide DâElia: le âpolveriâ e la vernice antivegetativa.
Due fattori che, per loro natura, sono fortemente un ossimoro. In veritĂ , sono altamente correlati, sono le due facce della stessa medaglia, di un concetto molto piĂš ampio e generale. Il tempo. Lâinesorabile scorrere del tempo, lâirragionevole tentativo di contenerlo, di fermarlo, di preservarlo, è lâasse intorno al quale si impernia lâindagine dellâartista campano. I primi lavori di Davide DâElia si incentravano sulle muffe, sulle polveri, ad attestare il passare del tempo. E a questo concetto è, infatti, dedicato il primo lavoro che si incontra entrando nella galleria trasteverina. Estati (2018), un grande âquadroâ scomposto, unâinstallazione di sedici elementi di piccolo formato, che individuano e evidenziano specifiche situazioni e memorie. Una stoffa di un negozio di filatelia, ormai chiuso, su cui erano alloggiate le piccole raccolte di francobolli e cartoline, consumata dal tempo e segnata dal sole. Lacerti di stoffa su cui altresĂŹ si rintraccia il buchino del chiodino su cui era appesa la merce. Quelle linee, che appaiono dipinte, atte a creare del falso astrattismo, formano le geometrie della tangibile testimonianza del tempo, del racconto scritto dal sole nel corso degli anni, della storia di una quotidianitĂ , di un vissuto concluso, sostituito e, lentamente, sicuramente, dimenticato.
Da questi elementi, polveri e muffe, Davide DâElia è passato allâutilizzo della vernice antivegetativa, che si contraddistingue per la peculiaritĂ del suo colore. Un colore che, nella precedente mostra, aveva utilizzato per ricoprire metĂ delle pareti della galleria, trasmettendo quella sensazione di immersione, di galleggiamento. Stavolta, quella stessa vernice, solitamente utilizzata per ricoprire le chiglie delle imbarcazioni, per proteggerle dalle incrostazioni e, quindi, dalla proliferazione di elementi flora-faunistici marini, la adopera per realizzare le opere giĂ citate Primo Letizia e Secondo Letizia. Nuovamente create con oggetti di recupero: due serramenti di uno yacht da crociera nei quali si adagiano due boe di ferro degli anni Cinquanta, tutto recuperato da un magazzino di Sezze. Affiancati, appaiono lâuno il negativo dellâaltro, con questa boa che cerca di restare a galla, e ipnotizza per la sua affascinante e risplendente estetica (non retorica nĂŠ accademica) e per la sua nostalgica fattura e forza evocativa. Mentre Apnea (2020), una porta a tenuta stagna per navi che segna la linea tra un dentro e un fuori, che vuole indicare, come le boe, una condizione di ricerca di equilibrio, personalmente mi ha dato un senso di asfissia: quella porta serrata che evita di mettere in contatto il mondo marino da quello della nave. Seppure artista e curatrice abbiano pensato un percorso di contrapposizione o giustapposizione caldo/freddo, è una concettualizzazione che si confronta con le sensazioni, le esperienze e il vissuto di ognuno rispetto al mare e al suo esperire, ed avvertire cosĂŹ solo il caldo.
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