Il giardino Libernautico, mostra dal titolo neologico, è ideata e curata da Elena Bellantoni, artista qui in veste di curatrice insieme con con Niccolò Giacomazzi e Benedetta Monti. I quattro artisti individuati e coinvolti da Bellantoni hanno realizzato i loro lavori vivendo e frequentando per alcuni mesi la sede rurale della Fondazione Baruchello, in via di Santa Cornelia, e in particolare il parco e i luoghi in cui ebbe luogo la famosa Agricola Cornelia s.p.a., utopica azione artistica, concettuale e performativa, messa in atto da Gianfranco Baruchello tra il 1973 e il 1981.
Naturale che le opere esposte rivelino una forte influenza di quel luogo e di quell’esperienza, di cui gli artisti hanno assorbito, metabolizzato, diversi aspetti all’interno della propria ricerca tipica. Così, Jacopo Natoli effettua un lento, e per certi versi quasi automatico, lavoro cartografico sul giardino, mappandone la percezione soggettiva e mentale attraverso frottage, cianotipi, videomontaggi di disegni (del resto Baruchello stesso scrisse «Consegnavo a questo spazio-giardino il mio stesso cervello, i sentimenti»). John Cascone invece espande la sua ricerca sulle immagini, architettando un processo di proliferazione rizomatica di fotografie, le xeniaforme le chiama l’artista, che invaderanno lo spazio espositivo lungo tutta la durata della mostra.
Ancora al mondo vegetale rimanda il lavoro di Sara Basta, che consiste in alcune scritture con l’erba su tela, e soprattutto in un’enorme sporta intrecciata, protagonista di una diversa narrazione della storia del primitivo umano, non tanto fondata su testosteroniche prove di forza attraverso caccia e sfoggio di armi, quanto sull’arte di raccogliere e trasportare cose, prevalentemente cibo. L’idea di Sara parte non a caso dalla traduzione del libro The Carrier Bag Theory of Fiction di Ursula K. Le Guin (1986). Infine, consistente e spessa si presenta l’installazione di Grossi Maglioni, che spinge ulteriormente la loro ricerca sulla Beast Mother, indagando in nuove direzioni che hanno a che fare con i processi di germinazione, generazione e nascita, con la terra, con la dimensione ctonia che è anche quella del profondo femminino. Operazione cui ha partecipato la brava musicista e ricercatrice sonora Eva Geist.
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