La BMW Art Car di Julie Mehretu diventa un progetto collettivo panafricano

di - 17 Aprile 2025

Con la sua ricerca tra astrazione, disegno architettonico e geografia politica, Julie Mehretu ha contribuito a ridefinire i confini della pittura contemporanea. Ora, con il suo nuovo progetto per la 20ma BMW Art Car, l’artista etiope, naturalizzata statunitense, estende la sua visione a un progetto che unisce arte, cinema e archivi, trasformando un oggetto iconico del design automobilistico in un dispositivo collaborativo. Presentata per la prima volta al Centre Pompidou di Parigi nel maggio 2024, l’auto, una BMW M Hybrid V8 personalizzata da Mehretu, ha gareggiato all’iconica corsa della 24 Ore di Le Mans, prima di intraprendere questo nuovo percorso lontano dalle piste.

BMW M Hybrid V8 Art Car

In collaborazione con Mehret Mandefro, produttrice cinematografica e co-fondatrice del Realness Institute, Mehretu ha infatti dato impulso a un programma che, per la prima volta nella storia cinquantennale della BMW Art Car, estende il concetto di “auto d’artista” a una piattaforma per la formazione, la produzione e la condivisione. Primo passo del nuovo progetto culturale di ispirazione panafricana è stato l’istituzione dell’AFMAC – African Film and Media Arts Collective, collettivo che riunisce artisti provenienti da diversi paesi africani e dalla diaspora: Jim Chuchu (Kenya), Robin Coste Lewis (USA), Mati Diop (Francia/Senegal), Coco Fusco (USA), Wanuri Kahiu (Kenya), Zeresenay Berhane Mehari (Ethiopia), The Otolith Group (Regno Unito).

Dal 2025 al 2026, circa 50 artisti emergenti, selezionati tramite open call in collaborazione con istituzioni culturali locali, saranno ospitati nel corso di una serie di workshop in cinque città africane: Lagos, Dakar, Tangeri, Nairobi e Città del Capo. Ogni laboratorio produrrà un cortometraggio, andando a comporre un’antologia che accompagnerà le future esposizioni dell’Art Car. Il debutto avverrà nel 2026 al Zeitz MOCAA di Città del Capo, in una mostra curata da Koyo Kouoh, figura di riferimento dell’arte africana contemporanea e curatrice designata della Biennale d’Arte di Venezia del 2026.

Nata ad Addis Abeba nel 1970, cresciuta nel Midwest statunitense, primogenita di un professore universitario di geografia etiope e di un’insegnante montessoriana statunitense, Mehretu ha costruito un linguaggio che intreccia cartografie urbane, dinamiche migratorie e storia globale. I suoi grandi dipinti, spesso su tela trasparente o su pannelli di plexiglass, esprimono un approccio pittorico stratificato e gestuale e sono stati esposti in tutto il mondo. Tra le sue opere più note, Mural, un intervento monumentale lungo circa 25 metri, realizzato nel 2009 per l’atrio della nuova sede di Goldman Sachs al 200 West Street, nel cuore di Lower Manhattan. Tra il 2024 e il 2025 una sua grande mostra è stata ospitata dalla Collezione Pinault a Palazzo Grassi di Venezia.

Le metodologie che saranno adottate nei laboratori dell’AFMAC traggono ispirazione dall’esperienza di Denniston Hill, residenza fondata nel 2004 da Mehretu insieme all’artista Paul Pfeiffer e allo storico dell’architettura Lawrence Chua. Nata come spazio di riflessione interdisciplinare nelle campagne di New York, Denniston Hill ha sviluppato pratiche di scambio orizzontale e ricerca collettiva che si riflettono oggi nel progetto AFMAC. L’obiettivo è interrogare in modo critico l’identità culturale attraverso i media, l’archivio e il racconto visivo.

Il programma prevede inoltre la digitalizzazione e messa a disposizione di archivi filmici africani, spesso di difficile accesso, per stimolare la produzione di nuovi lavori. Al centro c’è la volontà di costruire infrastrutture durature a sostegno delle comunità artistiche locali. Il progetto includerà una piattaforma online dedicata alla consultazione e all’utilizzo degli archivi da parte di artisti africani e della diaspora. Nel 2025 e 2026, AFMAC verrà presentato anche al di fuori del continente africano, attraverso talk e proiezioni in Europa e negli Stati Uniti.

Con questa operazione di Mehretu, la BMW Art Car, nata nel 1975 dall’idea dell’artista e pilota Hervé Poulain con la prima vettura dipinta da Alexander Calder, abbraccia una nuova dimensione. Da tela mobile per artisti come Andy Warhol, Jenny Holzer o Olafur Eliasson, l’auto si fa ora archivio attivo e piattaforma educativa, aprendo un altro capitolo nella relazione tra arte, tecnologia e responsabilità culturale.

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