La trap, i giovani, Venezia. Intervista a Yuri Ancarani

di - 15 Giugno 2025

Senza la trap sarebbe stato impossibile instaurare una relazione significativa con i protagonisti di Atlantide, sostiene Yuri Ancarani. Nel periodo di ricerca durante il quale l’artista ravennate si è dedicato alla conoscenza del main character Daniele e dei suoi coetanei e rivali, perennemente impegnati a fendere le acque della Laguna Veneta a bordo dei loro barchini modificati, parlare di trap ha rappresentato la chiave di volta. Una connessione significativa ed essenziale che ha consentito a due generazioni anagraficamente distanti di rintracciare un punto d’incontro, tessere un rapporto basato sulla fiducia e sulla condivisione destinato a durare a lungo, durante le riprese e oltre. Non è infrequente che chi non appartiene alla Gen Z dimostri, nella migliore delle ipotesi, reticenza ad apprezzare questo genere – il più delle volte un misto di sdegno, disinteresse e passatismo segna la fine di ogni conversazione a questo proposito.

Yuri Ancarani, ritratto

“Questa roba è inascoltabile”, “non c’è paragone con la musica dei miei tempi”, cose così. Ma non è stato questo il caso. Si può forse dire che la trap si sia insinuata nella trama e nell’ordito di questo film ben prima che l’ora di dedicarsi alla realizzazione della sua colonna sonora fosse giunta. Per Ancarani l’interazione con questo immaginario – la scena – è stata fondamentale e si è intrecciata naturalmente con quello della techno, un genere tornato all’interesse dei giovani protagonisti soprattutto a partire dalla pandemia. Nella restituzione di una realtà marginale, surreale e distante anni luce dal repertorio visivo più usitato legato a Venezia e alla sua laguna, Ancarani è stato in grado di perpetuare e amplificare l’allucinazione di Atlantide affiancando alle basi oscure della trap sonorità sinfoniche “old Hollywood”, confortanti nella loro apparente classicità ma intimamente stridenti con il contesto, con la narrazione e, in ultimo, con la realtà. Ad affiancarlo in questo viaggio ipnotico sono stati Sick Luke, disco di platino e producer della Dark Polo Gang, e gli amici e sodali di lungo corso Lorenzo Senni e Francesco Fantini. L’artista ce lo racconta in questa intervista.

La presentazione di Atlantide Soundtrack a Milano

Atlantide è un viaggio surreale in una Venezia inattesa e imprevista, lontana dalle immagini stereotipate delle cartoline, dove il tempo è liquido e i corpi agiscono in funzione di un codice alieno e autonomo. Com’è nato questo sguardo così intimo su questa Venezia più nascosta e marginale?

«Sì, volevo proprio questo: liberare Venezia dallo stereotipo. In Italia c’è tanto lavoro da fare su questo tema, c’è lavoro per tutti. Solo superando certe immagini preconfezionate possiamo creare un ambiente creativo sano, capace di sostenere una ricerca profonda e ambiziosa, anche a livello internazionale. Abbiamo tutto attorno a noi, bisogna saper guardare».

Nel film le musiche sembrano rispecchiare lo stato emotivo dei protagonisti più che descrivere l’azione. È una scelta intenzionale?

«È una scelta universale, quella della rappresentazione invisibile dei sentimenti. Per me rappresentare l’invisibile è l’ambizione più grande. Nel raccontare la sofferenza di Daniele era fondamentale usare ogni elemento possibile: l’espressione del volto, la luce, il suono, la musica».

La colonna sonora in Atlantide ha un ruolo strutturale, quasi narrativo, e contribuisce fortemente alla sensazione di sospensione spazio-temporale che il film trasmette. Hai immaginato il film in questo modo fin dalle prime fasi o si è trattato di un risultato costruito progressivamente insieme ai producer?

«Fin dall’inizio sapevo che la musica avrebbe avuto un ruolo centrale. È uno strumento necessario per urlare o esprimere qualcosa che si ha dentro e non si riesce ancora a comprendere. Quel momento fragile in cui si passa dall’adolescenza all’età adulta, quando si prova a vivere tutto senza avere davvero gli strumenti: il denaro, il sesso, i legami, la rabbia. La musica diventa il modo più diretto e sincero per comunicare tutto questo».

Atlantide, still da video

La tua prima collaborazione con Lorenzo Senni e Francesco Fantini risale a The Challenge (2016). Com’è nata invece la collaborazione con Sick Luke? Come si sono incontrati i loro mondi?

«The Challenge lo considero una perla, e il vinile della colonna sonora edito da Warp Records è stupendo. Quella collaborazione mi ha permesso di lavorare su un livello molto alto e di sperimentare l’utilizzo dell’orchestra sinfonica. Con Atlantide l’idea era di mantenere la musica sinfonica, come già fatto in The Challenge, ma aggiungendo la trap e la techno. Solo a dirlo suona come una sfida quasi impossibile, e infatti realizzarla non è stato semplice. Abbiamo lavorato in due gruppi, uno a Roma nello studio di Sick Luke e uno a Torino, dove si trovava lo studio di Francesco Fantini che ha firmato con Lorenzo le musiche. I due mondi si sono incontrati nella fase di mix che si è svolta in una prima fase a Parigi e poi a Roma. Far collaborare generazioni diverse è sempre complesso: non tanto per i più giovani, quanto per chi ha più esperienza, perché con il tempo si diventa meno flessibili. È stata mia responsabilità armonizzare le attitudini di ciascuno, affinché questo “concerto impossibile” – fatto di sinfonia hollywoodiana e musica trap – potesse trovare un equilibrio e vivere davvero».

Alcuni segmenti di Atlantide sembrano dei videoclip. Che relazione c’è tra Atlantide e l’estetica della scena della musica contemporanea italiana e internazionale, con particolare riferimento alla trap?

«Michael Jackson, con il videoclip di Thriller, ha portato il video fuori dal confino del tubo catodico, aprendo un varco verso il cinema. Per me è stata una vera illuminazione: ho capito che video e cinema potevano essere la stessa cosa. Nel mio lavoro, quei riferimenti al linguaggio del videoclip – soprattutto quello musicale – sono fondamentali. Oggi il videoclip, in particolare quello trap, ha un’estetica che guarda molto allo spot pubblicitario. I testi spesso raccontano invenzioni, “cazzate”, come quelle che passano in TV o nelle pubblicità. I set sono negozi di scarpe o centri commerciali e non è un caso se in Atlantide si vedono continuamente i Kinder Pinguì: Atlantide non è un videoclip, è un grande spot della Kinder».

Atlantide Soundtrack

Quali sono state le principali complessità nel coordinare il tuo lavoro con quello degli autori della colonna sonora? Quali invece gli aspetti più gratificanti?

«Lavorare con Sick Luke è stato meraviglioso. Per non spaventarlo con l’enormità del progetto, ho deciso di non mostrargli il film intero, ma di fargli sonorizzare quattro minuti alla volta. Dovevo avere sempre tutto in mente e mantenere la visione d’insieme, ma era l’unico modo per proteggere la qualità del lavoro e farlo sentire a suo agio. Con Lorenzo [Senni], invece, la collaborazione è stata più complessa: era molto impegnato e lavorava spesso in autonomia. A volte si continua a collaborare per il valore del percorso fatto insieme, anche se questo porta inevitabilmente a qualche scontro. Ricordo liti furibonde, momenti intensi… e decine di violini che imploravano pietà. La perfezione non esiste, ma tentare di avvicinarsi a essa richiede una gestione consapevole del caos. Ed è lì, quando tutto trova un suo equilibrio, che arriva la vera gratificazione».

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