L’arte pubblica è un questione di leggerezza: studio visit con Juan Garaizabal

di - 11 Giugno 2025

Arrivati a Cifuentes, appena a lato del cartello che lo segnala come una tappa del Cammino di Santiago, Juan Garaizabal mi indica un silo sormontato da un globo di metallo. È la sua «Nave», come gli piace chiamarla, il suo studio d’arte qui nella Alcarria, nella regione di Castilla-La Mancha, una distesa di natura incontaminata a un’ora dalla capitale spagnola.

Lo studio nella Alcarria

«Adesso il mio centro d’arte è in Spagna, ma è stata quasi una sorpresa, perché ho sempre lavorato internazionalmente. Mi sono formato a Parigi, poi trasferito a Berlino e poi negli Stati Uniti, non credevo che sarei tornato in Spagna». Invece, è proprio in questo paesino di 1600 abitanti che Garaizabal progetta e realizza opere che invia in tutto il mondo. Ad esempio, qualche settimana fa ha installato Les Bains Napoléon a Biarritz, in Francia, una scultura monumentale che ricostruisce un edificio andato distrutto più di un secolo fa. La scultura è parte della serie Memorias Urbanas che tentano di rimettere al centro dello spazio urbano quegli elementi architettonici ormai andati persi.

Negli anni, Garaizabal ha progettato sculture pubbliche in Spagna, Francia, Bahrein, Cina, Corea del Sud e Stati Uniti. La più famosa è probabilmente la Memoria Urbana Berlin nel 2012, al centro della Bethlehemkirchplatz, che recupera il sito e le dimensioni originali di una ex-chiesa boema distrutta durante la guerra. Nel 2013, partecipa invece alla Biennale di Venezia con Memoria del Giardino”, una serie di lapidi in metallo con scritte illuminate che riprendono le frasi delle presenze occulte del giardino: Amedeo Modigliani, l’artista spagnolo Mariano Fortuny e lo scrittore Ezra Pound. Rivolgendosi direttamente allo spettatore, quel giardino invitava a “salvare i propri sogni”. Oggi, sono parte dell’arredamento dello studio, così come manifesti di mostre, i suoi distintivi Vase des Tuilieres e altre sculture in legno, metallo e pietra disseminate in giro.

A più di dieci anni dall’inizio della serie, Juan racconta di stare recuperando la sua infanzia, che ha passato a leggere e disegnare. Uno dei libri che l’ha più influenzato è proprio Le città invisibili di Italo Calvino. «Le città mi sembrano l’invenzione migliore della storia dell’umanità. Qualsiasi città ha un elemento unico che mi impressiona». Con i suoi lavori, Juan Garaizabal combina la pratica contemporanea con il recupero della memoria, reale o immaginata, all’interno delle città.

Mentre i primi progetti della serie Memorias Urbanas erano «Estremamente letterali», oggi intende la memoria anche come la «Capacità di mischiare luoghi, elementi e persone». Si dice infatti sempre più interessato a esplorare le connessioni tra i luoghi: «Guardando il profilo di Porto (dove di recente ha installato Ever Time Port, un calice di legno e metallo, per l’enoteca Kopke, la più antica della città, ndr) mi ricorda Praga o Istanbul, oggi sono più interessato a quello che avrebbe potuto essere, a come un luogo si riflette nel sentimento di un altro».

Ascoltare il silenzio

L’esplorazione della memoria collettiva all’interno delle città è il motivo per cui Garaizabal è noto internazionalmente. Qui in Alcarria è anche conosciuto perché prende il caffè sempre nello stesso bar, con gli studenti internazionali che lo assistono nei progetti dello studio di Cifuentes, come me. «Anche questa è un po’ una sorpresa: all’inizio ero un tipo molto difficile, pensavo di aver bisogno di dedicarmi al mio senza spiegare niente a nessuno, adesso invece mi è molto naturale interagire e relazionarmi con il talento altrui».

Fare arte per lo spazio pubblico è stata una «Totale contraddizione», per l’artista spagnolo. «Ho una forte necessità di creare ma anche molta cura di come si integrano le mie opere nel contesto. Mi dedico a produrre delle eccezioni: fare delle opere d’arte in grado di emozionare il pubblico e di relazionarsi con i luoghi». Fino all’ultimo secondo di un’installazione, Garaizabal si interroga «Sulle proporzioni, sulla comparazione con la vegetazione, sul ritmo delle sue opere», dubitando di stare contaminando un luogo. «Mi fermo quando questi dubbi scompaiono, quando mi sento finalmente tranquillo», confessa, anche se non lascia trasparire il suo nervosismo all’esterno.

Nel paesaggio sterminato della Alcarria gli interventi sono complessi, confessa, perché «Devono essere pochi e significativi». «Questo è un luogo che guardo da 30 anni, che ha una grande componente di silenzio e una capacità delle persone di ascoltarlo. La mia pratica qui deve essere capace di sfruttare questo talento, di integrarlo con ciò che succede dentro e fuori lo studio» Così, Garaizabal si propone di «Aprire delle finestre su nuovi mondi», attraverso delle creazioni che proiettino chi passa per questi luoghi.

Nei prossimi anni, l’artista vorrebbe dare vita a un parco di sculture contemporanee proprio qui in Alcarria. La prima è una scultura in metallo che affaccia sul lago artificiale a pochi chilometri dallo studio, una gigantesca porta d’accesso sulla vastità della campagna, che ad alcuni sembra immensa e ad altri completamente vuota. Qui, nella distanza tra spazio fisico e immaginato, sta tutto il senso dei lavori di Juan Garaizabal.

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