Marco Bernardi, Euro San Francesco, acrilico su feltro ricamo in lana 90 x180, ph Claudio Martinez
Nell’ambito della commemorazione della deportazione di oltre 600 persone, seguita al rastrellamento di partigiani, di renitenti alla leva e di oppositori al regime, compiuto dai nazisti il 17 Aprile del 1944 nel quartiere romano del Quadraro, lo spazio polifunzionale Il Forno_la Situazione, in via Filippo Re 18, ospita fino al 15 maggio Europa Europa, la nuova mostra personale di Marco Bernardi. Il lavoro di Bernardi critica – in modo ironico, caustico e disincantato – l’Europa monetaria che ha dimenticato le persone e la cultura e ha perso per strada le ragioni per cui dopo la Seconda guerra mondiale s’intraprese il percorso che ha portato prima alla CEE e poi all’UE. Le merci e la moneta hanno prevalso sulla cultura e sulle persone.
Le 13 banconote da 500 euro in grande formato (90 x 180), realizzate con colore acrilico e ricamo di lana su feltro, che l’artista presenta, sono l’emblema della tecnocrazia europea e della possibilità mancata. Icone riscritte con i simboli dell’Europa che sarebbe potuta essere: da San Francesco a Martin Lutero, da Pietro Aretino a Spinoza. Simboli della filosofia, della fede e dell’arte che hanno reso unica l’Europa.
«Le monete europee recano nel verso i simboli dei diversi paesi membri, ma nel recto mancano i grandi uomini in cui gli europei si riconoscono. La banconota da 500 aveva, all’inizio, il valore nominale più alto del mondo», mi dice Bernardi, «E la penso come l’icona della potenza economica europea, che partita a cavallo sta tornando a piedi».
Barbara Martusciello, la curatrice della mostra, spiega che «I 500 euro sono una banconota difficile da usare per le persone comuni, ma che invece è cercata e apprezzata dalle persone che affrontano rischiosi viaggi verso il faro dell’Europa».
La tecnocrazia ha assicurato la libera circolazione delle merci e consentito all’interno dell’area Schengen la libera circolazione delle persone. Tuttavia, anche della libera circolazione delle persone se ne è in larga parte appropriata il mercato. Anche l’arte, antica, moderna e contemporanea è soggetta alla legge del mercato e della circolazione delle merci e delle persone. Il turismo è la libera circolazione della merce / persone che raggiunge le città d’arte, e per la massa di persone / merce sono pensate e allestite mostre per essere vendute insieme ai pacchetti turistici.
La turisticizzazione della cultura è uno degli effetti prodotti, sulla lunga durata, dall’idea che i beni culturali siano un tesoro da sfruttare economicamente, come si trattasse del nostro “oro nero”. Famosa idea del ministro Gianni De Michelis, che negli anni Ottanta ebbe un impatto fondante su come si dovesse considerare l’opera d’arte, e che è all’origine della situazione attuale di super sfruttamento del giacimento culturale e ambientale italiano. Benché, va ricordato, al tempo con valorizzazione dei beni culturali s’intendesse conoscenza e tutela delle opere e oggi invece ne significa lo sfruttamento commerciale.
Degli effetti nefandi di questa sinergia tra cultura e turismo, ha scritto Barbara Martusciello: «È un fenomeno non di oggi ma di decenni, quello della folla di turisti riversata sulle città d’interesse storico artistico, sui siti più conosciuti, i musei più celebrati che ha creato e crea non pochi problemi di fruibilità e sostenibilità urbana, per i residenti in primis, ma anche culturale».
Gli effetti sociali ed economici prodotti dal turismo di massa nella trasformazione del territorio, si mostrano evidenti in quello che succede dei centri storici in cui scompaiono tutte le attività commerciali che non siano ristorazione, somministrazione di bevande e vendita di souvenir. A questo, si aggiunge un processo, da tempo, noto con il nome di “gentrificazione”, un anglicismo che descrive il processo di trasformazione di un quartiere popolare in area residenziale di pregio, con stravolgimento della composizione sociale e incremento dei valori immobiliari, che spingono via i residenti economicamente più deboli.
Roma ha visto cambiare alcuni dei suoi rioni e quartieri, come Trastevere, Monti, Esquilino. Al Pigneto il processo è ancora in corso. Gli artisti sono stati i pionieri che hanno colonizzato i quartieri al minimo del loro valore immobiliare, rendendoli di moda e bonificandoli, per esserne poi espulsi dalla speculazione immobiliare. Il processo si ripete uguale in tutte le metropoli occidentali, al punto che qualcuno dubita che gli artisti possano inconsciamente essere la testa di ponte degli speculatori.
Il Quadraro è, per il momento, ancora in salvo dal processo di gentrificazione, perché mantiene integro il suo tessuto sociale ed economico. Marco Bernardi e altri artisti al Quadraro hanno negli anni aperto e trasformato spazi espositivi, di vita e di lavoro d’artista, come Spazio Y, Condotto C, Camera Frigo e ora Il Forno_la Situazione. Oggi al Quadraro è ancora possibile sia l’invenzione di spazi espositivi fuori dal main stream, sia la cooperazione tra artisti come quella attuata da Marco Bernardi e Giancarlo Mustich.
«La classe media è indebolita, la cultura della casa, in cui il soggiorno è il luogo dell’accoglienza, la presentazione di se stessi era diffusa orizzontalmente: la costruzione dell’ego era legata al proprio nido, che era te stesso, arricchito dalle tue opere d’arte, dai tuoi libri e dalla tua musica. Oggi, – continua Marco Bernardi – il mercato dell’arte contemporanea è in difficoltà perché sta perdendo la classe media come acquirente. Chi ha il potere di acquisire arte oggi è il faraone, che si costruisce la piramide o lo yacht superlusso, non il laborioso cittadino».
Su questo crinale di tensioni socio-economiche e culturali da sempre agisce l’opera acuta, ironica e amara di Marco Bernardi che espone Europa Europa ne Il Forno_la Situazione, lo spazio dell’artista Giancarlo Mustich. Allestire la propria mostra nello studio di un altro artista, non è un ingenuità da outsider. Per Marco, «Dopo la crisi delle gallerie, dopo il covid, e la disattenzione delle gallerie al movimento, lo scambio degli studi tra artisti agisce nel sistema dell’arte con un grado di velocità che, in questo momento, le gallerie consolidate non possono dare».
Intanto, Marco Bernardi con il solito divertito distacco dalle cose, gioca con i simboli, le consuetudini e le ambizioni mancate di un ideale di democrazia, che, con tutti i difetti e le imperfezioni, ha tenuto per decenni la guerra fuori dall’Europa. Come scrive Barbara Martusciello, Marco continua «Con apparente leggerezza e molta bellezza», a porre «Domande su questioni che riguardano individui e collettività».
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