Ci vogliono circa dieci minuti di tram, dallâimponente architettura di Herzog & de Meuron, dove Art Basel si è chiusa da pochi giorni, per raggiungere un altro iconico edificio, sede della Fondazione Beyeler. In unâarea verdeggiante di Basilea, situata nel comune di Riehen, Renzo Piano, in stretto accordo con Mr. Beyeler, progettò, nel 1997, una struttura su un solo livello con ampie vetrate che, grazie al collaudato sistema di alette mobili, consente lâideale trasmissione di luce dallâesterno allâinterno. Varcata lâiconica entrata givernyana con tanto di ninfee in bella vista, lo sguardo va dritto alla monumentale opera Untitled (Woman with Roman Torso [Venus]), 1982, di Jean- Michel Basquiat.
Ă interessante che proprio questa sia la prima opera visibile della tanto attesa mostra Basquiat The Modena paintings. Questâopera rivela tutto il carattere fortemente rivendicativo dellâarte di un ragazzo di strada, Jean-Michel Basquiat, che voleva dimostrare ai critici e ai collezionisti europei di esser in grado â sebbene fosse solo allâinizio di una giovane carriera che sarebbe rimasta breve ma intensa â di riuscire a interiorizzare lâarte del passato nel proprio linguaggio. Come per altre opere, nella figura della dea dellâamore, rappresentata da un busto immerso nel giallo, ci sarebbe la compagna Suzanne Mallouk, da lui soprannominata âVenereâ, che lo sosteneva finanziariamente facendo la cameriera. Spicca unâaltra figura mitologica, quella di Medusa, una delle gorgoni, decapitata da Perseo, che potrebbe nascondere ulteriori simbologie, forse, sociali.
In tutte le opere esposte, si legge la dicitura âCollezione privataâ. La mostra è una sorta di salto nel tempo, allâestate del 1982, quando il 21enne Jean-Michel Basquiat (1960-1988) si recò a Modena, invitato dal gallerista Emilio Mazzoli, su consiglio dellâartista italiano Sandro Chia che lo raccomanderĂ anche alla gallerista Annina Nosei. Lâartista newyorkese realizzò otto opere di grande formato che dovevano essere il cuore di una mostra personale. Solo che la mostra non ci fu. E le opere furono vendute e finirono negli Stati Uniti, in Asia e in Svizzera.
Qui, a Basilea in occasione anche di Art Basel, il direttore San Keller con la curatrice Iris Hasler hanno riunito, per la prima volta, le opere realizzate a Modena 40 anni fa.
Nella grande sala 9 è possibile vederli in carrellata, i Modena paintings, tele larghe dai quattro ai cinque metri, dominate da figure potenti dai tipici tratti astratti e dai colori vibranti. Il suo è un linguaggio immediato, quasi testuale, ricco di riferimenti a temi politico/culturali.
The Guilt of Gold Teeth, 1982, è forse la copertina della mostra, una figura scheletrica, come quelle del libro di anatomia che gli aveva donato la madre quando era piccolo, che domina la scena in primo piano con il suo cilindro nero, circondata da segni e scritte che arricchiscono dinamicamente lo sfondo di elementi grafici, realizzati con vernice spray.
Questa contaminazione con la vernice spray è presente anche in Profitto I, opera segnata da un altro riferimento personale. Nella cultura del voodoo haitiano infatti, il barone Samedi, vestito con abiti funerari neri, è lo spirito della morte e della resurrezione, in questo caso del padre di Basquiat, che lo cacciò di casa a 17 anni per aver picchiato il preside della scuola, dalla quale fu poi espulso.
Nei due grandi dipinti Untitled (Angel) e (Devil) messi vicini, sulla stessa parete, si assiste a uno sdoppiamento. Le due figure, sebbene rappresentino due dimensioni opposte, il bene e il male, sono simili, come se si rispecchiassero nella loro duplice natura. Infine in Boy and Dog in a Johnnypump, Jean-Michel ritrae se stesso e qualsiasi âboyâ nero con il proprio cane in un momento di libertĂ , nella nebbia di un idrante aperto, soprannominato âJohnny pumpâ in gergo newyorkese, a voler testimoniare il suo impegno e la sensibilitĂ di un giovane artista nel fare una rx della societĂ nera del tempo.
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