Scoprendo l’arte di Maria Berrio, la nuova Frida Kahlo colombiana

di - 20 Agosto 2019

Quante mostre sono state dedicate a Frida Kahlo negli ultimi anni? E per vedere la prossima non dovremo attendere molto: a ottobre, presso lo Spazio Eventi Tirso di Roma, è prevista un’esposizione dedicata all’artista messicana. Ma perché, quando si pensa a un nome che possa rappresentare l’arte sudamericana, ci viene in mente solo quello di Frida Kahlo? La risposta è che gli artisti latinoamericani, specialmente donne, non sono molto conosciuti. La Kohn Gallery di Los Angeles ha cercato di affrontare la questione proponendo “Cloud’s roots”, una mostra personale di Maria Berrio, artista colombiana emergente.

Inaugurata il primo giugno e visitabile fino al 30 agosto, la mostra sta riscuotendo grande successo: il Los Angeles Times, Vogue Messico e tanti altri giornali e riviste ne hanno parlato, mentre il Whitney Museum e il Pérez Art Museum di Miami hanno acquistato anche alcune opere.

A universe of one, opera acquisita dal Withney Museum

Maria Berrio è nata nel 1982 a Bogotà e, attualmente, vive e lavora a New York. Il suo originale processo creativo coinvolge varie tecniche come l’acquerello e la stampa su tessuto ma il materiale fondamentale dei suoi lavori è la carta. I fogli strappati sono incollati a strati sulla tela, celando una profondità materica pari a quella espressa dalle figure rappresentate.
Osservare questi collage monumentali significa catapultarsi in un universo esotico e colorato, animato da donne, mitologia, folklore, animali, abiti, fiori, mistero, simboli. Elementi che rievocano l’opera di Frida Kahlo ma, al contrario dell’artista messicana, Berrío non ha uno stampo totalmente autobiografico, dipingendo parti idealizzate di sé stessa per svelare verità universali del nostro presente, fondendo la politica con il personale.

Maria Berrio sta riuscendo a imporsi nel panorama dell’arte parlando di temi contemporanei come quello dell’immigrazione. Il titolo della mostra, Radici delle nuvole, fa riferimento infatti a quello stato di transizione che vivono tutte le persone che lasciano la loro terra per cercare posto in un altro luogo, portando con sé la consapevolezza di avere il potere di mettere radici ovunque si vada, persino nel cielo.

Dunque, è giusto continuare a promuovere mostre dedicate alla nota Frida? In fondo, non c’è nulla di male ma sarebbe auspicabile dare considerazione anche ad altre artiste che meritano di essere conosciute e apprezzate. Sulla scia di quanto è accaduto, proprio in Italia, con la più esperta Teresa Margolles, protagonista nel 2018 di una grande retrospettiva al PAC di Milano, oltre che presente alla 58ma Biennale di Venezia, nel Padiglione curato da Ralph Rugoff.

Laureata in storia dell’arte con specializzazione in ambito contemporaneo all’Università La Sapienza di Roma. Durante la sua formazione ha studiato presso l’Universidad de Sevilla e Université Paris Sorbonne IV. I suoi studi si sono concentrati sull’arte andalusa contemporanea, sull’arte contemporanea femminile e gender studies. Ha svolto ricerche nell’archivio parigino AWARE, Archives of Women Artists, Research and Exhibitions, un'associazione co-fondata nel 2014 e diretta dalla celebre curatrice Camille Morineau. Tra il 2014 e il 2016 ha scritto per The Walkman Magazine e dal 2019 collabora con Exibart. In questi anni si è occupata di progetti di curatela come assistente di galleria e ha partecipato al Workshop Narrare per immagini al MAXXI e al progetto I had a dream, organizzato nel 2018 dalla Moleskine Foundation, insieme al curatore Simon Njami presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.

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