Harm Gerdes, The Autotuned Mind. April 24 – May 31, 2024. Courtesy Peres Projects Photo. Credits: t-space studio. IG: @t_space_studio
Considerata come uno dei migliori esempi di architettura neoclassica milanese, piazza Belgioioso, oltre ad aver dato i natali ad Alessandro Manzoni, è sede di una delle più eleganti gallerie della città: stiamo parlando di Peres Projects, che ospita fino al 31 maggio il primo solo show italiano di Harm Gerdes, The Autotuned Mind.
Come apparirebbero i nostri pensieri se potessimo sintonizzarli su una frequenza indisturbata? Come potremmo cogliere la bellezza che risiede nello stare in bilico tra pensiero razionale e immaginazione metafisica, così tipica nell’essere umano? Saremmo ancora in grado di godere di quella straordinaria sensazione di stranezza che talvolta proviamo di fronte a forme che non riconosciamo completamente, ciò nonostante risvegliano in noi un senso di familiarità?
Queste sono solo alcune delle domande che riecheggiano nella mente di Christian Oxenius, curatore della mostra e frequentatore dello studio greco dell’artista. Dopo ogni loro incontro, le conversazioni tra i due sembravano diventare sempre più labirintiche, cercando di tramutare la travolgente idea di libertà estetica dell’artista nelle parole che l’avrebbero raccontata. Il dubbio e il disorientamento sono le sensazioni che Gerdes riesce insinuare nella mente dell’osservatore proponendogli schemi, riferimenti figurativi familiari che nelle sue opere prendono una forma del tutto nuova, scomposta e mischiata per poi essere trasformati in un prodotto totalmente inedito che desta una inevitabile curiosità in chi lo guarda. Il processo creativo dell’artista è ben collaudato: la tela viene prima stesa su un piano orizzontale, poi dopo averla preparata, Gerdes ci cola sopra, come facevano i grandi maestri astratti, il suo impasto di colore acrilico. Dopo aver fatto asciugare il primo strato di venatura cromatica, inizia a dipingere i primi strati “solidi” che andrà infine ad ombreggiare con la vernice spray.
Ed è così che nascono opere come Narcissus ed Echo o come Agape Halfway e SideralBouquet, tutte del 2024; le prime due cercano di rappresentare visivamente il dualismo dei due protagonisti del mito, nel caso di Narcissus il riflesso della propria immagine e in Echo il riverbero della voce. Quale è la sorgente e quale è la proiezione? Sideral Bouquet è una grande citazione all’opera di un altro artista tedesco, l’iconico Maurits Cornelis Escher, a cui era molto caro il tema del riflesso e dell’illusione. In questa composizione l’artista altera la struttura di una fotografia ricevuta da un amico in chiave escheriana, come possiamo notare dal grigio adoperato e in generale dalle illusioni prospettiche ricercate.
Ma l’opera che più di tutte incarna lo spirito della mostra è sicuramente Agape Halfway, in cui il vero protagonista è quel retrogusto artificiale che pervade in realtà tutte le tele di Gerdes: come nella precedente, un bouquet di forme spontanee e intricate si articola dispiegandosi questa volta all’interno di un dedalo geometrico anni ’70 ma che strizza contemporaneamente l’occhio alle grafiche giapponesi di inizio secolo scorso. Alternare pattern estremamente materiali a forme volutamente bidimensionali rende i lavori del giovane pittore molto simili a opere digitali; le tele di Gerdes sembrano quasi, potrà dire qualcuno, l’estensione reale di un’idea nata sul digitale.
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