Tras’in cap, progetto degli artisti dello studio Tras’Lab a CapNapoliEst, Napoli
Nel panorama degli spazi indipendenti napoletani, cap napoli est continua a distinguersi come uno dei luoghi più radicali per la produzione artistica contemporanea. Nato dalla riconversione di un ex capannone industriale nella zona orientale della città, cap napoli est ha costruito negli anni un’identità precisa: uno spazio votato a progetti site specific, a formati sperimentali e a pratiche di scambio con altre realtà culturali, studi d’artista e collettivi.
Il progetto Tras’in cap prosegue su questa traiettoria ed è il punto di arrivo di un processo lungo che ha messo in relazione cap napoli est con Tras’Lab, studio di artisti situato nel centro di Napoli. L’idea iniziale – invitare uno studio nel suo insieme all’interno del grande spazio industriale – ha attraversato una fase di ripensamento profondo, rivelando la natura autentica di Tras’Lab come una costellazione di pratiche autonome, tenute insieme da un’etica del confronto, della cura e del supporto reciproco.
È proprio questa tensione a emergere nel progetto. Cap napoli est diventa così scenario di un agire situazionale, lo spazio va oltre la sintesi per accogliere differenze, ritmi e modalità operative distinte. Un approccio che rispecchia la visione curatoriale di Vera Vita Gioia, fondatrice dello spazio, da sempre attenta a far dialogare contesti, processi e temporalità diverse senza forzarne l’esito.
Le presenze in mostra si dispongono come nuclei indipendenti, ciascuno in relazione diretta con l’architettura e la luce del capannone. I lavori di Emanuela Auricchio, con le loro tracce rosse e i riferimenti germinativi, occupano lo spazio come segni di una crescita in atto. Caterina Di Gaetano costruisce invece un sistema delicato e insieme ruvido, fatto di frammenti pittorici, reti metalliche e memorie domestiche, dove il sapere antico si scompone per riemergere in una nuova forma identitaria.
Stefania Navarro porta nel capannone una pittura corporea e stratificata, che si estende nel tempo e assorbe le condizioni dell’ambiente, mentre Angelo Pellegrino traduce le proiezioni luminose del luogo in disegni rigorosi, capaci di fare da cerniera tra architettura, percezione e immaginario. Il lavoro di Marta Perroni, infine, si muove su un piano narrativo e poetico, intrecciando botanica, scrittura e ricamo in un gesto lento e concentrato, che trova nel contesto industriale un controcampo inatteso.
Tras’in cap rende evidente uno degli aspetti più preziosi di cap napoli est: la capacità di funzionare come infrastruttura culturale aperta. E in una città come Napoli, dove la produzione artistica è sicuramente dinamica ma spesso frammentata, l’esistenza di uno spazio disposto ad accogliere collaborazioni, processi lunghi e formati non convenzionali assume un valore strutturale oltre che culturale.
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