Valentina Medda, The Last Lamentation, 2023, still frame da video. Courtesy l'artista
Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (XI edizione, 2022) della DG CreativitĂ Contemporanea del MiC â Ministero della Cultura, The Last Lamentation nasce da unâidea forte: associare lâevocazione di un rito del passato alle tragedie che oggi, quotidianamente, si consumano in altomare e sulle coste del Mediterraneo. Si tratta di un progetto articolato, che si dipana in tappe successive. Ne è autrice Valentina Medda, artista sarda di stanza a Bologna, con formazione e residenze all´estero nel corso delle quali ha maturato una pratica interdisciplinare che ha messo a frutto in questa produzione, alla quale si dedica dal 2018. Il progetto, curato da Maria Paola Zedda, è prodotto da Zeit e vede il concorso di varie istituzioni sarde, italiane ed internazionali.
La prima tappa è unâopera video presentata in anteprima lo scorso febbraio a Bologna nella Sala delle Catacombe all´interno del Cimitero Monumentale della Certosa, in occasione dellâultima edizione di Arte Fiera, e che proprio dal MAMbo verrĂ acquisita, entrando nella collezione permanente del museo felsineo. La tappa successiva coincide con la mostra in corso dal 28 marzo al 16 giugno al MAN Museo dâArte Provincia di Nuoro. Mostra incentrata sullo stesso video, frutto di una ricerca dellâartista su diverse sponde del Mediterraneo, dalla sua terra di Sardegna a quella libanese, avendo come modelli ideali di riferimento figure quali Ernesto De Martino e Cecilia Mangini che, da prospettive e con finalitĂ differenti, hanno indagato il tema del pianto delle prèfiche, in Puglia nello specifico. In mostra si troverranno testimonianze del lavoro di preparazione. Ma non è finita: in concomitanza con la mostra di Nuoro, The Last Lamentation si trasformerĂ da video in performance, a cura di Sardegna Teatro, e come tale si potrĂ vedere, per ora, a Rimini il 20 aprile e al Festival di SantâArcangelo di Romagna il 13 luglio.
Il video si articola in tre sequenze. Si apre con lâentrata in scena di 12 donne che avanzano lentamente, provenendo dal nulla. Fondale naturale un paesaggio per metĂ collina e per metĂ spiaggia, quasi una divisione simbolica dello spazio fra lâagognato approdo e un bucolico accoglimento nella nuova vita. Il suono â Gaspare Sammartano, Claudia Ciceroni e Attila Faravelli (questâultimo per il field recording) ne sono i fautori â accompagna il lento procedere dal ronzio distante alla saturazione, un pattern, come un lungo respiro, a sovrastare il contunuum di fondo.
Non è dato sapere, ma allâascolto sâintuisce che voci, maschili e/o femminili, sono state registrate ed elaborate elettronicamente in studio. Le donne si avvicinano facendo ondeggiare passo dopo passo, con cadenza ritmata, la veste nera della loro terra sarda, proiezione d´antichissima  meridionalitĂ . La seconda sezione si sofferma sui dettagli. Ă un momento molto bello, intimamente femminile per la testa e il cuore dellâartista che firma lâopera, ricco di pathos per  densitĂ simbolica e resa espressiva. Le mani che accarezzano i capelli, il sollevare il âpeploâ nero: ÂŤUn Mediterraneo estensione del corpoÂť, scrive Medda nella sua presentazione.
Il suono si fa spettro acustico di una congerie di voci dolorose, disperate, imploranti un diritto allâesistenza che la grande vasca di morte, quella che gli umani dâun tempo chiamavano Mare Nostrum, ogni giorno nega loro. Che caso: Mare Nostro, non mare loro. Che stia anche in questo una spiegazione possibile della grande tragedia? Lascio alla curiositĂ di chi vorrĂ vederla lâultima sequenza, inesorabile nella sua essenzialitĂ , coerente alla drammaturgia su cui è costruita. Come scrive Medda, ÂŤUnâazione poetica e politicaÂť a un tempo. ÂŤĂ il Mediterraneo stesso che piange i suoi mortiÂť. The Last Lamentation riesce a coniugare felicemente il privato, lâintimo, con lâuniversale. Ha una sua epicitĂ .
Video, mostra, performance: le occasioni per conoscere nelle sue differenti manifestazioni il lavoro di Valentina Medda non mancheranno.
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