Masaccio, Madonna del Solletico (Madonna Casini), 1427, Tempera su tavola, 24,5x18,2 cm
Menti illuminate e amanti della bellezza un tempo commissionavano opere ad artisti pagandole fior fior di fiorini, ducati e zecchini, senza sapere cosa sarebbe stato del loro investimento o pensando di rivendere per guadagnare a breve. Anche se spesso si rivolgevano allâarte per la ricerca di unâassoluzione o di gloria personale.
Giovanni Rucellai, mercante fiorentino, arricchitosi vendendo lana e facendo banco, possedeva opere di maestri come Paolo Uccello e Verrocchio, e fu committente per amore dellâarte e per questioni di prestigio. A Padova gli Scrovegni eressero il loro tempio chiamando addirittura Giotto, sperando in un riscatto dallâaver fatto denaro concedendolo in pegno. Ma nel settimo cerchio dellâinferno furono messi comunque, almeno secondo Dante. Giotto, a proposito, aveva cosĂŹ tanti sostenitori da doversi sbrigare con le commissioni. E accontentò non solo gli Scrovegni, ma anche i banchieri Peruzzi e in seguito i Bardi, che hanno reso possibile e ci hanno fatto pervenire indimenticabili bellissimi affreschi.
Varie son le storie e anche i modi di pagare: un poâ andava alla manodopera del pittore e una somma a parte era per i materiali da usare, anche se con qualche eccezione. Borso dâEste, ad esempio, il cui ritratto ci accoglie nella Pinacoteca del Castello Sforzesco, riteneva opportuno saldare i dipinti a piede quadrato, diversamente da molti altri committenti che davano maggior peso al materiale impiegato. Il cardinal Carafa, altro esempio, concesse duemila ducati per il contributo personale di Filippino Lippi, mentre i suoi assistenti e i colori piĂš costosi, come lâazzurro ultramarino, furono pagati al di fuori. I marchesi Gonzaga di Mantova retribuivano Andrea Mantegna per dipingere affreschi e pannelli, e per svolgere mansioni di varia natura e chissĂ poi cosa. Ferdinando Maria Bourbon del Monte commissionò al Caravaggio lo scudo con la testa di Medusa e lo protesse ospitandolo a palazzo Madama. Federico da Montefeltro era amico intimo di Piero della Francesca e la sua famosa biblioteca era unica in quellâepoca per quantitĂ e non solo. Numerosi altri pittori operarono per lui oltre a Piero, come Giusto di Gand e Pedro Berruguete. I Colonna pagarono Gaspar Adriaensz van Wittel detto Gaspare Vanvitelli (o Gaspare degli Occhiali) per le sue vedute, delle quali si innamorarono anche altre famiglie del patriziato romano, come gli Odescalchi, gli Albani e gli Ottoboni.
La Dama con lâErmellino di Leonardo raffigura Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, che commissionò lâopera per il re dâUngheria ma che a fine esecuzione gli piaque cosĂŹ tanto che se la volle tenere.
La Ronda di notte di Rembrandt fu richiesta al maestro olandese da Frans Banning Cocq, medico e capitano del gruppo di soldati poi ritratti in marcia nellâimmensa tela appena restaurata. La Danza di Henri Matisse fu voluta dal mecenate Sergej Scukin, che ospitò lâartista a Mosca, nella propria casa museo a pochi passi dal Cremlino, facendogliela pure decorare a puntino.
Sigismondo Pandolfo Malatesta fu grande perdente ma anche patrono delle arti, che portò a Rimini un considerevole gruppo di artisti, cosÏ che al Tempio Malatestiano lavorarono nomi noti come Leon Battista Alberti, Agostino di Duccio e Piero ancora, ovviamente.
Isabella dâEste si circondò di Maestri tra cui Raffaello e Mantegna. E poi scrittori, pensatori e musicisti, e si fece anche ritrarre da Tiziano e Leonardo da Vinci. Ai Medici dobbiamo grandi cose e oggi sappiamo che Pierfrancesco tifava per il Botticelli mentre il Ghirlandaio era sostenuto dal Magnifico Lorenzo. Ma attenzione! LâAdorazione dei Magi di Sandro non fu una commissione medicea ma gli fu richiesta da Gaspare di Zanobi del Lama per la propria cappella nella chiesa di Santa Maria Novella. Il committente era un mediatore finanziario, sostenitore e amico dei Medici, e fu probabilmente lui a chiedere al pittore di trasformare il tema in unâapoteosi delle loro dinastie prestigiose. Marcello Sacchetti fu primo mecenate di Pietro Da Cortona, che lo ritrasse, certamente, e fece una veduta delle Allumiere di Tolfa che gli diedero tanta fortuna. Palla Strozzi, in onore della propria famiglia, ordinò per gli altari della cappella in Santa TrinitĂ due tra le piĂš belle opere del Quattrocento: la Deposizione di Beato Angelico e lâAdorazione dei Magi dipinta da Gentile da Fabriano, chiamato a Firenze appositamente.
Antonio Casini, vescovo di Siena, che nel 1426 fu eletto cardinale, colto e raffinato comâera, commissionò parecchie opere, tra cui la Madonna del Solletico. E poi ancora i Farnese, i Barberini e i fratelli Giustiniani. Servirebbe la memoria di Giovanni Pico della Mirandola per ricordare tutti i nomi della committenza e la loro storia, che è molto diversa da quella odierna. PerchĂŠ molti collezionisti di oggi pensano subito a quanto si rivaluterĂ il lavoro, anche se il futuro valore di unâopera dovrebbe essere un elemento che non riguarda nemmeno il compratore, che dovrebbe acquisire perchĂŠ interessato allâartista e al suo operare. E perchĂŠ ci vede unâemozione, dellâinnovazione, della bellezza o una trasposizione interessante del pensiero dellâesecutore. Qualcosa di culturale, in poche parole. PerchĂŠ quando si va a teatro per unâopera lirica o di prosa non si pensa alla spesa del biglietto e al costo della cena? PerchĂŠ arricchisce e fa provare una bella sensazione. Dovrebbe essere per unâopera dâarte la stessa cosa. Che costa molto di piĂš ma la si può continuare a guardare, e arricchisce le nostre case. E che dire della persone che entrano in galleria con artprice collegato? Che forse hanno capito poco.
Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che lâarte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
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