02 maggio 2021

Dalla parte del drago #9 – Sui committenti di ieri e di oggi

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Servirebbe la memoria di Pico della Mirandola per ricordare tutti i nomi della committenza e la loro storia, molto diversa da quella odierna. Excursus tra i grandi "finanziatori" della storia

Masaccio, Madonna del Solletico (Madonna Casini), 1427, Tempera su tavola, 24,5x18,2 cm

Menti illuminate e amanti della bellezza un tempo commissionavano opere ad artisti pagandole fior fior di fiorini, ducati e zecchini, senza sapere cosa sarebbe stato del loro investimento o pensando di rivendere per guadagnare a breve. Anche se spesso si rivolgevano all’arte per la ricerca di un’assoluzione o di gloria personale.
Giovanni Rucellai, mercante fiorentino, arricchitosi vendendo lana e facendo banco, possedeva opere di maestri come Paolo Uccello e Verrocchio, e fu committente per amore dell’arte e per questioni di prestigio. A Padova gli Scrovegni eressero il loro tempio chiamando addirittura Giotto, sperando in un riscatto dall’aver fatto denaro concedendolo in pegno. Ma nel settimo cerchio dell’inferno furono messi comunque, almeno secondo Dante. Giotto, a proposito, aveva così tanti sostenitori da doversi sbrigare con le commissioni. E accontentò non solo gli Scrovegni, ma anche i banchieri Peruzzi e in seguito i Bardi, che hanno reso possibile e ci hanno fatto pervenire indimenticabili bellissimi affreschi.

Giotto, Cappella degli Scrovegni, 1305, Affreschi, 265x2988x841 cm

Varie son le storie e anche i modi di pagare: un po’ andava alla manodopera del pittore e una somma a parte era per i materiali da usare, anche se con qualche eccezione. Borso d’Este, ad esempio, il cui ritratto ci accoglie nella Pinacoteca del Castello Sforzesco, riteneva opportuno saldare i dipinti a piede quadrato, diversamente da molti altri committenti che davano maggior peso al materiale impiegato. Il cardinal Carafa, altro esempio, concesse duemila ducati per il contributo personale di Filippino Lippi, mentre i suoi assistenti e i colori più costosi, come l’azzurro ultramarino, furono pagati al di fuori. I marchesi Gonzaga di Mantova retribuivano Andrea Mantegna per dipingere affreschi e pannelli, e per svolgere mansioni di varia natura e chissà poi cosa. Ferdinando Maria Bourbon del Monte commissionò al Caravaggio lo scudo con la testa di Medusa e lo protesse ospitandolo a palazzo Madama. Federico da Montefeltro era amico intimo di Piero della Francesca e la sua famosa biblioteca era unica in quell’epoca per quantità e non solo. Numerosi altri pittori operarono per lui oltre a Piero, come Giusto di Gand e Pedro Berruguete. I Colonna pagarono Gaspar Adriaensz van Wittel detto Gaspare Vanvitelli (o Gaspare degli Occhiali) per le sue vedute, delle quali si innamorarono anche altre famiglie del patriziato romano, come gli Odescalchi, gli Albani e gli Ottoboni.

Baldassarre d’Este, Ritratto di Borso d’Este, 1469-71, Tempera su tela, 46×36 cm

La Dama con l’Ermellino di Leonardo raffigura Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro, che commissionò l’opera per il re d’Ungheria ma che a fine esecuzione gli piaque così tanto che se la volle tenere.
La Ronda di notte di Rembrandt fu richiesta al maestro olandese da Frans Banning Cocq, medico e capitano del gruppo di soldati poi ritratti in marcia nell’immensa tela appena restaurata. La Danza di Henri Matisse fu voluta dal mecenate Sergej Scukin, che ospitò l’artista a Mosca, nella propria casa museo a pochi passi dal Cremlino, facendogliela pure decorare a puntino.

Pietro da Cortona, Le Allumiere di Tolfa, 1630, Olio su tela, 61×75 cm

Sigismondo Pandolfo Malatesta fu grande perdente ma anche patrono delle arti, che portò a Rimini un considerevole gruppo di artisti, così che al Tempio Malatestiano lavorarono nomi noti come Leon Battista Alberti, Agostino di Duccio e Piero ancora, ovviamente.
Isabella d’Este si circondò di Maestri tra cui Raffaello e Mantegna. E poi scrittori, pensatori e musicisti, e si fece anche ritrarre da Tiziano e Leonardo da Vinci. Ai Medici dobbiamo grandi cose e oggi sappiamo che Pierfrancesco tifava per il Botticelli mentre il Ghirlandaio era sostenuto dal Magnifico Lorenzo. Ma attenzione! L’Adorazione dei Magi di Sandro non fu una commissione medicea ma gli fu richiesta da Gaspare di Zanobi del Lama per la propria cappella nella chiesa di Santa Maria Novella. Il committente era un mediatore finanziario, sostenitore e amico dei Medici, e fu probabilmente lui a chiedere al pittore di trasformare il tema in un’apoteosi delle loro dinastie prestigiose. Marcello Sacchetti fu primo mecenate di Pietro Da Cortona, che lo ritrasse, certamente, e fece una veduta delle Allumiere di Tolfa che gli diedero tanta fortuna. Palla Strozzi, in onore della propria famiglia, ordinò per gli altari della cappella in Santa Trinità due tra le più belle opere del Quattrocento: la Deposizione di Beato Angelico e l’Adorazione dei Magi dipinta da Gentile da Fabriano, chiamato a Firenze appositamente.

Gentile da Fabriano, L’Adorazione dei Magi, 1423, Tempera e oro su tavola, 173×228 cm

Antonio Casini, vescovo di Siena, che nel 1426 fu eletto cardinale, colto e raffinato com’era, commissionò parecchie opere, tra cui la Madonna del Solletico. E poi ancora i Farnese, i Barberini e i fratelli Giustiniani. Servirebbe la memoria di Giovanni Pico della Mirandola per ricordare tutti i nomi della committenza e la loro storia, che è molto diversa da quella odierna. Perché molti collezionisti di oggi pensano subito a quanto si rivaluterà il lavoro, anche se il futuro valore di un’opera dovrebbe essere un elemento che non riguarda nemmeno il compratore, che dovrebbe acquisire perché interessato all’artista e al suo operare. E perché ci vede un’emozione, dell’innovazione, della bellezza o una trasposizione interessante del pensiero dell’esecutore. Qualcosa di culturale, in poche parole. Perché quando si va a teatro per un’opera lirica o di prosa non si pensa alla spesa del biglietto e al costo della cena? Perché arricchisce e fa provare una bella sensazione. Dovrebbe essere per un’opera d’arte la stessa cosa. Che costa molto di più ma la si può continuare a guardare, e arricchisce le nostre case. E che dire della persone che entrano in galleria con artprice collegato? Che forse hanno capito poco.

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
IG: dallapartedel_drago

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