Categorie: Arti performative

L’incertezza è uno spazio di resistenza, al Santarcangelo Festival 2025

di - 13 Maggio 2025

L’incertezza come terreno di lotta e di possibilità, per immaginare forme altre di convivenza, rappresentazione e desiderio. Da questa attitudine prende le mosse la 55ma edizione di Santarcangelo Festival, la manifestazione dedicata alle declinazioni sperimentali dell’arte performativa, che si terrà dal 4 al 13 luglio 2025, con epicentro nel borgo di Santarcangelo di Romagna ed estendendosi anche a Rimini e Longiano. Promosso dall’associazione Santarcangelo dei Teatri, Santarcangelo Festival 2025 è realizzato in collaborazione con una rete di partner istituzionali e con il supporto di Gruppo Hera e Gruppo Maggioli.

Santarcangelo di Romagna

Curata per il quarto anno dal critico e drammaturgo polacco Tomasz Kireńczuk, la kermesse mobiliterà corpi, voci e immaginari attraverso un programma densissimo: 38 compagnie italiane e internazionali, di cui 20 in prima nazionale, oltre 140 eventi, 8 incontri pubblici e 9 set notturni con più di 20 dj per Imbosco, lo spazio del festival dedicato all’euforia e alla cura condivisa.

Il Santarcangelo Festival è uno dei più longevi e importanti festival italiani dedicati alle arti performative contemporanee. Fondato nel 1971 a Santarcangelo di Romagna, nasce già con una forte vocazione sperimentale e con l’intento di avvicinare il teatro alla vita quotidiana. Nel 2000, con la creazione dell’associazione Santarcangelo dei Teatri, il Festival assume una struttura più stabile e una direzione artistica che si rinnova ciclicamente, mantenendo intatta la sua vocazione politica e poetica.

Tomasz Kireńczuk, ph Pietro Bertora

Not yet: un titolo che è un gesto politico

Con il titolo di Not Yet, il tema di quest’anno è una postura, più che una dichiarazione: un “non ancora” che rifugge le certezze e rifiuta il compiuto, aprendosi invece al rischio, alla pluralità, all’ascolto. «Il presente non è uno stato neutro e transitorio, ma si trasforma piuttosto in un campo di battaglia in cui definire narrazioni e riconoscere soggettività come possibili e valide», ha spiegato Kireńczuk.

«In quest’ottica, come sostiene Chantal Mouffe, l’incertezza – invece di essere considerata una minaccia – dovrebbe essere percepita come uno spazio di confronto tra diverse visioni dell’organizzazione sociale. L’incertezza è proprio il cuore del programma della 55esima edizione di Santarcangelo Festival. Gli artisti e le artiste presenti al Festival si confrontano, spesso in modo radicale, non solo con le grandi narrazioni storiche, ma anche con le immagini e gli schemi consolidati che modellano la nostra vita sociale: condividendo le proprie esperienze personali, esponendo il proprio corpo e la propria intimità allo sguardo pubblico, ci aiutano a liberarsi dal potere limitante di ciò che è dominante».

FERAL

«Not yet è allora una postura politica: significa non accettare che il futuro sia già scritto. Significa rifiutare l’idea che il mondo debba restare così com’è», ha dichiarato Giovanni Boccia Artieri, presidente Associazione Santarcangelo dei Teatri. «È una dichiarazione di lotta contro ogni narrazione chiusa, contro ogni tentativo di definire il possibile come ciò che è già stato deciso da altri».

Corpi astrali, corpi sociali: i linguaggi della scena

L’apertura del Festival è affidata a L’œil nu della coreografa francese Maud Blandel: un’indagine coreografica sul fenomeno fisico della degenerazione stellare come metafora della crisi dei corpi – astrali, biologici, collettivi. Si chiude con UNARMOURED di Clara Furey, un assolo che muove dalla fluidità dell’acqua per restituire al pubblico un paesaggio interiore fatto di desiderio, empatia e vulnerabilità.

Maud Blandel – ILKA © Margaux Vendassi Camille DTonnerre

Il corpo collettivo – spesso considerato eversivo – è al centro di Slamming di Xenia Koghilaki, ispirato all’estetica dei concerti: la folla in movimento come pratica di resistenza politica. Così come in Placebo Dances di Flavia Zaganelli, la danza diventa dispositivo di incanto, antidoto poetico a un presente segnato dalla catastrofe.

Xenia Koghilaki, © Pinelopi Gerasimou

La relazione tra natura e umano è declinata in forma corale da U. (un canto), progetto diretto da Alessandro Sciarroni: una performance-concerto che attinge al repertorio vocale italiano per evocare, nel canto, un’ecologia della presenza.

Alessandro Sciarroni © Andrea Macchia

Tra i momenti più attesi, la nuova creazione di Alex Baczyński-Jenkins, Malign Junction (Goodbye Berlin), affonda nella memoria queer della Repubblica di Weimar per evocare, tra danza, cabaret e rave culture, un erotismo sovversivo e comunitario. La sensualità si fa politica anche in This resting, patience della coreografa polacca Ewa Dziarnowska: una performance di tre ore che si sottrae alla logica dell’intrattenimento per ridare valore al tempo, alla lentezza, alla relazione.

Storie che resistono, archivi da riscoprire

Nel cuore del festival pulsa una riflessione profonda sul potere delle narrazioni e sulla necessità di riscrivere il passato per comprendere il presente. Cinema Impero di Muna Mussie – fruibile da una persona alla volta – fa riemergere le immagini della propaganda coloniale italiana, mentre Dona Lourdès di Némo Camus restituisce, attraverso la danza, la memoria di una nonna brasiliana, tra samba e classica.

Wojciech Grudziński, in THREESOME, costruisce un archivio queer a partire dalle figure di tre danzatori polacchi marginalizzati dalla storia ufficiale. Anche Pas Moi di Diana Anselmo tocca l’oblio delle culture non conformi, affrontando la stigmatizzazione della lingua dei segni alla fine dell’Ottocento.

Wojciech Grudzinski, © Maurycy Stankiewicz

A C’entro, la sala cinematografica di Santarcangelo, si terranno inoltre due proiezioni legate ai temi centrali nella programmazione del Festival: le riflessioni su retaggi coloniali e pratiche decolonizzanti di Liryc Dela Cruz in Come la notte (12 luglio), trasposizione filmica e presentata alla Berlinale del lavoro performativo ospitato nella scorsa edizione di Santarcangelo Festival; e A Fidai Film di Kamal Aljafari, uno dei registi palestinesi oggi più prolifici e innovativi, presentato in collaborazione con Rimini con Gaza (13 luglio).

Imbosco e la piazza

Il Festival continua a riconfigurare il tessuto urbano, rimettendo al centro Piazza Ganganelli con le performance di La Chachi, Tiran Willemse & Nkisi e Xenia Koghilaki. Dopo oltre un decennio, tornano a vivere anche gli spazi delle ex-Corderie, architetture industriali cariche di storia. Imbosco, il cuore notturno della manifestazione, un tendone da circo ai piedi del Parco Cappuccini, tornerà a intrecciare la festa alla programmazione, creando contesti in cui pubblico, performer, operatori e operatrici possano sostare, respirare e ritrovarsi.

La Chachi, Foto: Daniel Pérez / Teatro Echegaray

Per il programma completo si può cliccare qui.

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