Scade il 15 dicembre 2023 la possibilità, per i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo, di presentare domanda e richiedere l’indennità di discontinuità. Il progetto prenderà ufficialmente via il 1° gennaio 2024 e dall’anno prossimo sarà possibile fare domanda entro il 30 marzo di ciascun anno. Durante la pandemia era emersa con evidenza la drammatica situazione dei lavoratori dello spettacolo: precari e imprenditori di sé stessi, sottopagati (o pagati in nero) per gli spettacoli e spesso non pagati per le prove… Era emersa la necessità di una legislazione ad hoc per questi lavoratori atipici, anche sul versante del welfare, anche tenendo presente la loro costante necessità di aggiornamento professionale nel corso della carriera. Non si tratta solo di adeguare gli aspetti economici, ma anche quelli giuridici. In altri paesi la legislazione tutela i lavoratori dello spettacolo, vedi il regime degli “Intermittents” in Francia, ma anche in Spagna, in Belgio, in Germania e in molti altri paesi europei. I lavoratori si erano mobilitati, il ministro Dario Franceschini aveva sostenuto il settore con un finanziamento “pandemico” e tutte le forze politiche avevano convenuto sulla necessità di ridefinire la normativa per il settore, anche a partire dal Codice dello Spettacolo (la prima legge sullo spettacolo dal vivo nella storia della Repubblica, che copre un grave vuoto legislativo). Ci sono poi state ben 78 audizioni in Parlamento e il 27 novembre 2023 è stata approvato il “Decreto Legge su Riordino e revisione degli ammortizzatori e delle indennità e per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo”, che però ha subito suscitato le proteste dei lavoratori interessati.
Il decreto è indirizzato a lavoratori autonomi e lavoratori a termine che prestano attività artistica/tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacolo (per esempio cantanti, ballerini, attori…), ma anche lavoratori a termine che non prestino attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e realizzazione di spettacoli (per esempio impiegati amministrativi e tecnici dipendenti dagli enti ed imprese esercenti pubblici spettacoli; maschere, custodi, guardarobieri, addetti alle pulizie e al facchinaggio, autisti dipendenti dagli enti ed imprese esercenti pubblici spettacoli; lavoratori a chiamata a tempo indeterminato che non godano dell’indennità di disponibilità…).
Per poter avere accesso all’indennità, oltre a essere cittadina o cittadino dell’Unione Europea ed essere residente in Italia da almeno un anno, è necessario avere un reddito non superiore a 25.000 euro nell’anno precedente alla domanda, e la cui maggior parte deve derivare da lavoro nel settore dello spettacolo.
Per il 2023 viene riconosciuto il 90% delle giornate accreditate dell’anno precedente alla domanda, al fondo pensione lavoratori dello spettacolo, per una misura del 90% della media delle retribuzioni derivanti da esercizio di attività lavorative nel settore dello spettacolo riferite all’anno precedente alla domanda. Mentre dal 2024 verranno riconosciute un terzo delle giornate accreditate, l’anno precedente alla domanda, al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, per una misura pari al 60% della media delle retribuzioni derivanti da esercizio di attività lavorative nel settore dello spettacolo riferite all’anno precedente alla domanda.
Come scrive l’attrice e attivista Debora Zuin su ateatro.it, «il nuovo governo esecutivo ha stravolto l’impianto teorico di definizione dell’indennità come precedentemente proposta e l’ha trasformata in un banale e inutile sostegno economico, quasi un bonus una tantum, tradendo così lo scopo primigenio.»
In sostanza poco più di un miserabile sussidio di disoccupazione e non una misura strutturale.
Prosegue infatti Zuin: «Ci troviamo tra le mani una misura peggiorativa rispetto a quelle già esistenti: criteri di accesso incoerenti, tempi di erogazione inadeguati, fondi insufficienti data la platea dei richiedenti – allargata inspiegabilmente in fase attuativa a soggetti che nulla hanno a che vedere con i comparti direttamente legati alla filiera del processo creativo -, incumulabilità con altre misure di sostegno al reddito che escluderà molto probabilmente tutta quella fetta di lavoratori autonomi che con l’abrogazione dell’Alas, prevista con questa manovra, non potranno nemmeno accedervi. E i cui costi ricadranno anche su chi non ne potrà beneficiare, con un aggravio non solo per i datori di lavoro ma anche per i lavoratori e le lavoratrici. Il Governo è andato avanti senza ascoltare, ignorando in modo offensivo le parti sociali, le associazioni di categoria, gli attivisti che da tutti gli ambiti dello spettacolo e da tutte le posizioni hanno a voce unica chiesto il ritiro immediato della misura.»
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