Spazio Multimediale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, © Foto di Matteo Panciera, 2025
Quante volte, di fronte a un capolavoro custodito in un museo, abbiamo desiderato avvicinarci ancora un po’, spingerci oltre la distanza di sicurezza per cogliere un dettaglio nascosto, una pennellata, una traccia del tempo o della mano che l’ha creato? Una curiosità istintiva, che però si scontra con la necessità di proteggere opere spesso fragilissime. Ma oggi, grazie alla tecnologia, quel desiderio può essere finalmente appagato, senza mettere a rischio le opere. È questo lo spirito che anima il nuovo Spazio Multimediale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, inaugurato questa mattina: un ambiente interattivo e immersivo che apre uno sguardo inedito sul cuore pulsante del museo e consente di accedere ai risultati delle più avanzate ricerche condotte dai Laboratori Scientifico e di Restauro, eccellenze raramente visibili ma fondamentali per la tutela del patrimonio.
«Presentiamo oggi un’eccellenza forse meno nota di questo museo, giustamente celebre per la sua collezione e per le esposizioni che promuove», ha dichiarato il direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Giulio Manieri Elia. «Si tratta di uno spazio interattivo che consente ai visitatori di familiarizzarsi con i capolavori del museo, ma rappresenta inoltre una vetrina aperta sulle attività del Laboratorio scientifico e dei restauri delle Gallerie. Per il cui rilancio, indirizzato all’aggiornamento della dotazione strumentale e dell’organico, abbiamo lavorato moltissimo grazie al contributo dell’équipe del museo e al sostegno entusiasta di Venice International Foundation, di Venice In Peril, dell’Associazione Best Talent e del Banco Energia società benefit».
Le Gallerie dell’Accademia sono infatti l’unico museo italiano con un laboratorio scientifico interno, e il primo ad adottare un microscopio digitale 3D, capace di restituire immagini ad altissima definizione e profondità.
Tra le prime opere protagoniste di questo spazio, un’icona universale: il celeberrimo Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci. Grazie al microscopio digitale, i visitatori possono osservare dettagli infinitesimali dell’opera: il foro lasciato dal compasso nell’ombelico, il timbro “AV” (Accademia Veneta) sul margine inferiore del foglio, l’imprecisione del tratto lungo il cerchio, fino a leggere le fibre vegetali della carta, spesso colorate, irregolari, inglobate nell’impasto da stracci macerati, che raccontano la vita fisica del disegno.
Ancora più rivelatore è il solco profondo tracciato lungo il contorno della figura, eseguito sopra l’inchiostro. Una traccia non funzionale al disegno originale ma frutto di un intervento successivo, forse per ottenere un calco: indizio prezioso per ricostruire la storia materiale dell’opera. Con gli ingrandimenti digitali si possono osservare anche le microlesioni causate da questa pressione sulla carta, oggi particolarmente fragile.
Lo Spazio Multimediale permette inoltre di riscoprire opere normalmente non esposte, come il delicatissimo Ritratto di bambina con ciambella della pittrice Rosalba Carriera, vissuta tra ‘600 e ‘700, un pastello su carta azzurra conservato in un caveau climatizzato. I visitatori possono esplorarne i dettagli più minuti: la fragilità della carta, le lacune cromatiche, le sfumature dell’incarnato e la grazia dello sguardo infantile.
Parallelamente, si offre una nuova lettura anche per le opere esposte, come L’Allegoria della Prudenza o della Vanità di Giovanni Bellini, attualmente visibile nella mostra Corpi moderni (fino al 27 luglio 2025). Anche in questo caso, il microscopio 3D restituisce una visione ravvicinata che affianca allo sguardo estetico una prospettiva tecnica e conoscitiva.
Progettato da Maria Antonietta De Vivo e con la direzione scientifica di Stefano Volpin, lo Spazio Multimediale vuole dunque proporsi come una piattaforma educativa e partecipativa, che accorcia le distanze tra il lavoro dietro le quinte dei laboratori e l’esperienza del visitatore. Un modo per restituire all’arte la sua complessità fisica e storica. Un cambio di paradigma: il museo non come deposito di bellezza ma come organismo vivo, dove ricerca, conservazione e divulgazione si fondono.
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