Nella notte tra il 22 e il 23 luglio, la Cattedrale ortodossa della Trasfigurazione di Odessa è stata gravemente colpita nel corso di un massiccio attacco missilistico dell’esercito russo contro la città portuale ucraina, il cui centro storico, a gennaio 2023 è entrato a far parte della lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO. Nella immagini, rilanciate dai media ucraini, si vede un lato dell’edificio distrutto, con danni arrecati sia alla facciata sia all’interno della cattedrale. Danni ingenti sono stati riportati anche agli edifici nelle immediate vicinanze. Tuttavia da Mosca negano che le forze armate russe abbiano colpito l’edificio storico. «Non accettiamo tali accuse, questa è una menzogna assoluta», ha detto il portavoce del Presidente Vladimir Putin, Dmitry Peskov. I bombardamenti sulla città sono continuati anche nella scorsa notte. Secondo le autorità locali, nel raid su Odessa sarebbero morti almeno due civili e feriti almeno 18, tra cui quattro bambini.
La costruzione dell’edificio risale al 1794 ma quella che sarebbe diventata la più grande cattedrale della Nuova Russia sarebbe stata completata solo nel 1808. La cattedrale era un edificio in stile neoclassico con un interno riccamente decorato con marmi policromi. Tra il 1825 e il 1837 fu realizzato, su disegno dell’architetto italiano Francesco Frapolli, il campanile. Demolita dalle autorità sovietiche nel 1936, fu ricostruita tra il 1999 ed il 2003.
Sull’episodio riportiamo il commento di Gianluigi Ricuperati, scrittore, saggista e curatore di vari progetti d’arte e cultura contemporanee, come Giorno Per Giorno, progetto promosso nel 2012 dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT nell’ambito di Contemporary Torino+Piemonte, e Urbania, nel 2009, festival internazionale di Urbanistica a Bologna, insieme a Stefano Boeri e Fabrizio Gallanti. Ha curato per la Triennale di Milano Planeta Ukrain, piattaforma creativa.
La distruzione dei monumenti Unesco della splendida Odessa (e le ennesime intollerabili uccisioni di civili innocenti) rappresenta l’ennesima linea del Male tagliata come in uno sprint atletico dell’abiezione dallo stato terrorista: ho deciso di limitare l’uso della parola ‘Ru***a’ perché la rabbia inquina i ragionamenti, e non voglio dare nessun aggancio simbolico a chi ancora misteriosamente avverte un senso di vago rispetto per questa entità che non merita più alcuna considerazione umana: si tratta di poco più che un Isis dotato di bombe atomiche (purtroppo, perché altrimenti sapremmo bene cosa farne, e il mondo sarebbe in poco tempo un luogo più sicuro).
Lo stato terrorista deve essere espulso dall’Unesco il prima possibile.
Lo stato terrorista non deve più intrattenere alcun rapporto di predilezione o affezione con quello che denominiamo ‘cultura’, e neppure ‘patrimonio culturale’ (due cose diverse, ovviamente): dopo Odessa non voglio più sentire una mosca metaforica volare a favore di vento della ‘importante tradizione’, o discettare di ‘cancel culture’, o nominare a casaccio gli incolpevoli geniali Cajkovskji o Pushkin.
Dopo Odessa il nostro pensiero deve essere ancor più di prima rivolto alla meravigliosa ricchezza del cosmo simbolico del popolo ucraino, in architettura arte letteratura musica cinema e civiltà in generale.
Dopo il Crimine di Odessa ogni discussione verrà tagliata con l’accetta, cari amici dello stato terrorista che vi annidiate in certe redazioni, in certi uffici pubblici, in certe aziende e in certi circoli comunità e chat di gruppo.
Dopo il Crimine di Odessa, ancora una volta, ancora di più, ancora e per sempre, l’Ucraina esiste e resiste come parte integrante e centrale del mondo migliore: quello che, pur nella reticolare complessità delle cose e delle circostanze, riesce ancora a fermarsi davanti a attentati come il Crimine di Odessa.
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