L’esposizione del Premio quest’anno è stata trasferita all’ex Casa del Popolo, nel centro storico di Suzzara, per lasciare gli spazi della sede museale (allestita nelle precedenti edizioni con i lavori segnalati dal Premio) alla galleria permanente delle opere acquisite dal Premio, dal 1948 ad oggi.
La rassegna comprende oltre alla sezione ad inviti una nuova sezione a libera partecipazione per opere digitali dedicata a Dino Villani, fondatore del Premio. La sinergia fra i curatori del Comitato Scientifico (Martina Corgnati, Nicola Marras ed Enrico Mascelloni), il Sindaco della cittadina ed il Presidente dell’Associazione Galleria ha permesso di individuare le opere realizzate da 18 artisti, con l’obbiettivo di rispecchiare le più aggiornate tendenze linguistiche dell’arte contemporanea, nazionale e non. Sono emerse riflessioni concettuali e figurative, create attraverso ogni modalità espressiva, tradizionale o innovativa, in aderenza al tema proposto, che pone agli autori la problematica relativa al rapporto con la tecnica utilizzata.
Le Ombre tatuatein pigmento henna della pakistana Naiza Khan accompagnano lungo le pareti di ingresso dell’edificio, e introducono alla mostra. Nascosto tra i muri di uno stretto corridoio, illuminato, come gli altri ambienti, da luci al neon, è il volto orientale dipinto su vinile nero, di Zhang Da Li.
L’immagine monocromatica è definita da una sequenza di scritte AK-47 (sigla che richiama il Kalashnikov di fabbricazione russa). Italiana è invece Liliana Malta le cui opere ci mostrano ampie campiture in differenti tonalità di blu, incise da linee rapide e precise.
I dipinti ad olio hanno uno vago richiamo figurativo, evocato dal titolo.
Intriganti i corpi raccolti su se stessi, elaborati al computer da Giovanna Torresin. Le stampe digitali presentano figure avviluppate e luccicanti d’oro, istoriate da preziosi pittogrammi e abbandonate su sfondi uniformi ed indefiniti (o infiniti).
Sempre della stessa autrice un altro interessante lavoro realizzato con tanti minuscoli esseri di ceramica dipinta disposti liberamente in modo da occupare la pavimentazione di un ambiente. Ogni piccolo corpo presenta una zona anatomica scura, bruciata dal male. Questo dolore è evidente anche nella posa assunta dagli oggetti umanizzati, distinguibili per le strane contorsioni. Il lavoro ricorda l’installazione invasiva realizzata con figurine di terracotta di Antony Gormley Field for the British isles, 1993
Di qualità anche l’istallazione del pranzo di nozze in bianco, imbandito su un candido e raffinato abito da sposa, di Odinea Pamici (vincitrice del Premio), i lavori di Piero Golia, di Silvio Wolf, i frames da video di Agnese Purgatorio, l’installazione materica di Shaarbeck Amankulov.
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