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Fino al 31.III.2002 | Officina America – Una nuova casa per l’uomo | Bologna, Villa delle Rose

di - 18 Febbraio 2002

Nel 1986 si tiene il primo appuntamento, intitolato AnniOttanta, di questo grande progetto, lanciato verso la strutturazione di una rete emiliana di centri espositivi, a compensare la mancanza, in territorio italiano, di un periodico sommario storico pari a Documenta di Kassel. Giunta così all’America – dopo Officina Italia e Officina Europa -, la prima parte della rassegna è dedicata alla “casa” come ricostruzione di un ambiente sensibile al corrente tracciato dell’arte, una sezione immobile di un flusso o, con le parole di Renato Barilli, “una deriva”. La casa di oggi “dovrà essere pronta a collassare nel passato”, avverte il curatore. La “nuova casa dell’uomo è postmoderna, “postumana”, caratterizzata da un “riscaldamento” postconcettuale. Il suffisso “post”, per Barilli, è il sintomo linguistico dell’incessante mutamento presupposto dalla ricerca artistica, che sembra accellerare, come tendenza odierna. E Officina America è il tentativo di documentare una transizione, focalizzarla, scegliendo artisti poco presenti sul mercato italiano, assenti nelle precedenti edizioni, che presentano tutti opere recentissime, datate 2000-2001. La transizione è visibile nelle eclissarsi delle dominanti espressive delle ultime avanguardie quasi verso una riscoperta figurazione: l’essenzialismo funzionalista lascia spazio al decorativimo camp di Pitman, alla carta da parati del naturalizzato Francesco Simeti; alla figura che riaffiora dalla trama aniconica, come per la Calame, e la Prieto che con tratti diversi danno vita a composizioni seriali simil-organiche. Quindi l’organico versus l’artificialità del concettuale, come per i feltri cascanti di Herrera, per Erik Parker, che disegna carcinomi simmetrici, invasi di simboli e srtips dall’immaginario seventies, o le strutture coralline di DeBellevue; il recupero del letterig Di Wynne e Wilson, che fanno della scrittura un esercizio di grafia, in un passaggio dal significato, alla forma; necessariamente, poi, il recupero del passato, nella ricostruzione di Jean Lowe, di un salotto in pessimo gusto americano, inizi novecento, fino alle letture in atmosfera New Deal; o delle comiche nei video di Olivier Haring , se vogliamo; ma in generale nel recupero di vecchie tradizioni espressive. Tutto questo sotto il segno di un apparente positività, connotata da tinte vivaci, colori puri, stili grafici dalla plotter painting di Marina Kappos, al fumetto. Una giocosità quasi, come nei video della Lancaster, che si diletta per interi minuti a deformare la sua faccia con uno specchio, o a giocare coi generi cinematografici con Western, e Abominable. Artisti diversi ma imparentati da un leit motiv non nettissimo, da una comune preferenza per certe soluzioni formali, certe scelte cromatiche, una generica cifra stilistica, pur in un ampia gamma di media, che suggerisce, magari, l’intento comune di contaddire gli assunti esiziali di qualche anno fa. Ma non si tratta di semplici antinomie, quanto del superamento verso un tertium, come ama dire Barilli. Quel famoso “post“ appunto, che confonde gli opposti.

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Niccolò Manzolni


Officina America
Dal 24 gennaio al 31 marzo.
Bologna, Villa delle Rose, via Saragozza 228
Ingresso: 2 Euro
Orari: dalle 15 alle 19 Chiuso Lunedì.
Catalogo a cura di Renato Barilli, Mazzotta Editore, full color, 23 Euro
Tel: 051502859 E–mail: segreteriagam@comune.bologna.it


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