Entrambi vestiti di bianco, prima Rihoko Sato, poi Saburo Teshigawara, si alternano entrando e uscendo nel suggestivo sfumare delle semplici luci che, irradiando appena il nudo spazio scenico, creano un quadrato luminoso che si espande e si restringe dal buio e dalla penombra. Eco e riverbero l’una dell’altro nel perdersi e ritrovarsi, i due danzatori, mai insieme se non nel breve apparire per lasciare il posto all’altro, si materializzano dal fondo e dai lati verso il centro avanzando o indietreggiando, lenti o veloci, nel loro vibrare di tutto il corpo tra oscillazioni e circolarità , estensioni di braccia e piccoli passi, torsioni, piegamenti di spalle, di gambe e larghe aperture.
La loro danza è tutta espressa in quelle braccia protese, fluttuanti, carezzevoli, leggiadre, ma potenti nel rigore delle forme e nella forza immaginifica che sprigionano; nell’afflato emotivo del movimento che disegna lo spazio, lo nutre e se ne fa nutrire; lo plasma e se ne fa plasmare. Si elevano in alto e si abbassano verso terra come attratti dalla forza di gravità , e subito si liberano in tutte le direzioni seguendo la musica, fondendosi con essa e, contemporaneamente, creandola. Sono più brani, e diversi, le musiche che compongono “Adagio” (a Cango, per il festival fiorentino “La Democrazia del corpo 2023” di Virgilio Sieni), memorabile performance del coreografo, danzatore, artista visivo Teshigawara, costruita su alcuni tra i più celebri Adagi del repertorio classico, partendo da Beethoven, Mozart, Bach, Mahler, Ravel, Rachmaninov, e chiudendo con Bruckner: un lungo, emozionante tappeto sonoro dispiegato nel tempo, raro connubio tutt’uno con la danza di Teshigawara e di Sato, un atlante di posture che vive di gesti minimali, intimi e ampi, espansione della quiete dei sensi e della forza della mente, con al centro il cuore che muove tutto.
In un vortice di linee e di segni, i loro corpi sembrano liquefarsi, diventare terra, aria, fuoco, deserto e foresta rigogliosa; sembrano esplodere e implodere, irradiare e raccogliere energia, dissolversi e aprirsi a infiniti paesaggi emotivi; sembrano invecchiare e ringiovanire, farsi gesto quotidiano nel tendere le mani e nel cercare lo sguardo dello spettatore avanzando verso di esso. E in questo incontro tra vita e morte, tra luce e buio, si rimane rapiti, abbagliati da tanta bellezza interiore.
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