Categorie: Design

design_interviste | Il nuovo design democratico

di - 25 Settembre 2008
Sono passati quattro anni dal giorno in cui proponesti a Coop di lavorare con un gruppo di esponenti del nuovo design italiano. Oggi, finalmente, gli esiti di quell′esperienza arrivano sugli scaffali dei supermercati…
L’esigenza di trovare un grande interlocutore/committente era nata in me in seguito agli incontri che avevo organizzato in Triennale a partire dal 2003 con gli esponenti di quelli che ritenevo (e ritengo ancora) i rappresentanti della nuova generazione del design italiano. Alcuni nomi su tutti: Lorenzo Damiani, Gabriele Pezzini, Paolo Ulian, Donata Paruccini… Dopo aver molto discusso sul ruolo dei progettisti nella contemporaneità, volevamo fare qualcosa di concreto e le proposte sul tavolo erano diverse: fondare un movimento, una rivista, firmare un manifesto, dare vita a un sito internet. Qualcosa che potesse amplificare il nostro pensiero e costituire una base teorica per la nostra azione. Non ero molto convinto che questa discussione dovesse sortire effetti come questi, desideravo piuttosto che il nostro agire si manifestasse nel fare ciò di cui eravamo capaci, cioè progettare. Decisi di interpellare la Coop, e al mio interlocutore dissi: “Voi dovreste occuparvi di design, se non lo farete lo faranno per primi i vostri concorrenti”. Ottenni subito ascolto e, dopo qualche titubanza, mi seguirono.

Perché tanto tempo prima della messa in vendita?
Alla base c’erano concetti condivisi da noi e dalla Coop, come l’idea della democratizzazione del bello e dell’utile tramite prezzi accessibili a tutti, la produzione in Italia nel rispetto dei diritti dei lavoratori, scegliere di progettare oggetti trasversali, presenti in ogni casa e soprattutto necessari per il vivere quotidiano. Tutto questo spiega il tempo trascorso fra il momento della proposta alla Coop e l’arrivo dei prodotti nei supermercati. Si è trattato di creare una nuova filiera, trovare fornitori, stampatori, collaborare con le persone interne a Coop per progettare tutta l’operazione. Oggi sembra un miracolo che si sia riusciti in un’impresa così in soli quattro anni!

Quando hai capito che Coop avrebbe accettato di inserire prodotti di “design” nella sua offerta che con il design (perlomeno nel senso classico del termine) non aveva mai avuto a che fare?

In effetti, c’è stato un momento che ha segnato in modo inderogabile il destino di quei semplici venti prototipi che stavano per essere presentati nel fuori salone organizzato con Coop nel 2005. Durante la conferenza stampa in Triennale, le giornaliste invitate videro per la prima volta questi oggetti: lo stendino, la bacinella per il bucato, lo scopino wc. Immediatamente il loro lato di “casalinghe” prese il sopravvento e ai dirigenti Coop presenti fu rivolto un imprevisto appello corale e insistente: “Quando metterete in produzione questi oggetti?”. Credo che in quel momento qualcosa sia successo nella testa del direttore prodotto a marchio Coop, perché poco dopo si espresse a favore di una tale ipotesi. Sino ad allora si era sempre parlato di una semplice mostra, senza alcuna ricaduta di tipo produttivo.

A partire dall′esperienza con Coop si è coagulata la fisionomia del “nuovo design italiano”, che certo esisteva anche prima, ma che mancava di una sua riconoscibilità forte. Puntuale, poco dopo, è arrivata la consacrazione ufficiale in Triennale, con la mostra Il paesaggio mobile del nuovo design italiano
Sono convinto che l’iniziativa con Coop sia stata un volano per raccogliere attenzione attorno ai designer della nuova generazione. In mostra alla Triennale c’erano pressoché tutti gli oggetti della collezione e naturalmente erano rappresentati tutti i designer coinvolti nel progetto “Design alla Coop”.

Da allora si è ricominciato anche a parlare di design democratico, che oggi si presenta “liquido e molecolare”, come diceva il curatore Andrea Branzi, a differenza del design storico nel quale l’aggettivo “democratico” veicolava valori come modularità, standardizzazione, impilabilabilità…

Credo che occuparsi di design democratico sia stato anche un modo per riequilibrare un certo modo di fare design unicamente orientato al lusso. Più che una ripresa, riveduta e corretta, delle pretese utopistiche del design storico, mi pare che “Design alla Coop” si ponga nello stesso modo con cui Ikea tratta l’arredo, sdrammatizzando e rendendo piacevoli gli oggetti che ci troviamo a utilizzare ogni giorno.

Il nuovo design “democratico, liquido e molecolare” è anche atto politico?
Credo che la nota che emerge preponderante sia una sorta di neo-pragmatismo del repertorio oggettuale. Dopo i tempi utopistici del radicalismo e del progetto totale (“dal cucchiaio alla città”, si diceva), qualcuno ha avanzato l’ipotesi che ora si progetti “dal cucchiaio al cucchiaio”. Mi sembra molto bello, no?

A due mesi dall′uscita dei progetti sugli scaffali di Coop, possiamo dare qualche cifra?

I dati relativi alle vendite della “Collezione Eureka” (questo il nome scelto con Coop per la collezione di design) sono strabilianti. Dopo tre mesi dall’inizio delle vendite sono stati già venduti 10mila battipanni, 23mila confezioni di mollette e 15mila saponi da bucato, solo per citarne alcuni. Questi oggetti sono entrati nelle case degli italiani. Risultati insperati e ben al di sopra della più ottimistica previsione.

Chiudiamo guardando avanti. Come vedi il futuro del nuovo design liquido e democratico? Ritieni che l′esperienza con Coop abbia aperto una strada che verrà seguita anche da altre aziende o che rimarrà invece solo un episodio meritorio ma estemporaneo?
Sono già arrivati dei segnali che altri gruppi della Gdo (Grande Distribuzione Organizzata) si stanno muovendo nella medesima direzione di Coop. È una cosa che davo già per scontata e in qualche modo è una conferma della positività della nostra azione. Il valore di “Design alla Coop” mantiene però inalterato il suo primato di esperienza progettuale di quel tipo. Il prossimo passo è trasformare un’iniziativa sporadica – seppur di successo – in qualcosa di stabile e programmato: Coop ha in sé tutta la forza e la competenza per mantenere il ruolo di leader in questo mercato.

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a cura di stefano caggiano

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