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1966. Pier Paolo Pasolini si ammala. Inizia a scrivere le sei tragedie borghesi. Ne rappresenterà una, Orgia, e sarà scandalo. Un’altra la darà alle stampe nel 1973, Calderòn. La storia dei successivi sogni e risvegli di Rosaura che rincorre se stessa invano. Liberamente ispirata a La vida es sueňo di Calderòn de la Barca, dal cui nome deriva il titolo, la tragedia è ambientata nel celebre dipinto di Diego Velázquez, Las Meninas. Ma all’elaborazione dell’opera concorre anche la rilettura di Platone, fondamentale per un Pasolini che vuole dare al suo teatro un impianto dichiaratamente politico, come verrà esplicitato nel Manifesto del 1968.
1967. Le parole e le cose di Michel Foucault è tradotto e pubblicato in Italia. Il filosofo francese pone in apertura del suo saggio alcune pagine su Las Meninas. È da considerarsi una coincidenza casuale?
Calderòn è un vero e proprio gioco di scatole cinesi, in cui alla pittura succede una riflessione sulla pittura, al teatro una riflessione sul teatro e ad essi la politica. La tragedia si conclude in un lager. È il tentativo di un teatro in bilico tra pura immagine e pura parola che, secondo le parole dello stesso Pasolini, rappresentano i due limiti estremi di un mezzo di grande vastità espressiva.
Autore: Tiziana Landra
Prima revisione: Concetta D’Angeli, Paolo Puppa
Seconda revisione: Silvia Bottinelli
Scarica il pdf del saggio “Sul teatro come pura immagine. Pasolini tra Velázquez e Foucault”, di Tiziana Landra
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