The Other Side of the Hill. Participants: Beatriz Colomina, Roberto Kolter, Patricia Urquiola, Geoffrey West, Mark Wigley
Si è chiusa ieri, domenica 23 novembre, la 19. Biennale Architettura a cura di Carlo Ratti dal titolo Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva. I numeri confermano un trend in crescita, con 298.000 biglietti venduti (+5% rispetto al 2023) e 17.584 presenze nei giorni di pre-apertura, superando il primato dell’edizione 2021 e diventando la più visitata di sempre. Si tratta di un risultato particolarmente significativo se si tiene in considerazione la chiusura per restauro del Padiglione Centrale ai Giardini, che tornerà a nuova vita in occasione della Biennale Arte 2026.
«In questi mesi ricercatori, addetti ai lavori e famiglie si sono dati appuntamento per celebrare un momento di conoscenza condivisa» ha commentato il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco, rimarcando anche come i progetti esposti e il GENS Public Programme abbiano offerto strumenti preziosi per interpretare i tempi complessi. L’edizione, ha detto, «da questo momento si consegna al Futuro, il tempo di tutti noi, gens dotati di intelligenza».
Ma il vero impatto di una Biennale, come ha sottolineato lo stesso Ratti, si misura nel tempo: da una parte la capacità di influenzare la pratica architettonica — con l’invito a mobilitare ogni forma di intelligenza per affrontare la crisi climatica e ripensare il patrimonio costruito — dall’altra la trasformazione della Biennale in luogo di produzione di conoscenza, grazie al modello di “Laboratorio” sperimentato quest’anno.
L’edizione conferma anche l’interesse da parte di un pubblico giovane e internazionale. Tra i dati spiccano infatti gli oltre 84.000 under 26, pari al 28% dei visitatori totali, e i 996 partecipanti del Progetto Categorie Fragili, dedicato all’accessibilità e alla valorizzazione della partecipazione di persone con disabilità o in situazioni di fragilità.
Anche nel 2025 prosegue il progetto con gli istituti penitenziari del territorio: tre detenuti provenienti dalle carceri di Venezia, Padova e Treviso hanno preso parte alle attività della Biennale nell’ambito di un programma pluriennale realizzato con Seconda Chance e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Un’iniziativa che valorizza il lavoro come strumento di reinserimento e responsabilizzazione.
La Mostra ha coinvolto 758 architetti e 303 progetti, tra Arsenale, Giardini e sedi diffuse in città. Si sono aggiunti due Progetti Speciali — On Storage, in collaborazione con il Victoria & Albert Museum, e Margherissima a Forte Marghera — oltre a 66 Partecipazioni Nazionali, 111 workshop, nove conferenze e undici Eventi Collaterali. Un ecosistema ampio e trasversale, dunque, che conferma la vocazione di questa edizione all’intelligenza collettiva e alla produzione condivisa.
Il Leone d’Oro alla Carriera è stato conferito a Donna Haraway, mentre il Leone d’Oro Speciale alla Memoria è andato a Italo Rota. La giuria internazionale presieduta da Hans Ulrich Obrist, con Paola Antonelli e Mpho Matsipa, ha assegnato il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale al Regno del Bahrain, due menzioni speciali alla Santa Sede e alla Gran Bretagna, il Leone d’Oro per la miglior partecipazione a Canal Café, e il Leone d’Argento all’ambizioso progetto Calculating Empires. Menzioni speciali anche a Alternative Urbanism e Elephant Chapel.
La Biennale Architettura 2025 chiude così un’edizione segnata da una forte partecipazione del pubblico, dall’apertura interdisciplinare e dalla volontà di interrogare — con strumenti condivisi — cosa significhi progettare in un’epoca definita dalle molte forme dell’intelligenza.
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