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Biennale Architettura 2025: i Leoni d’Oro a Donna Haraway e Italo Rota
Architettura
di redazione
La 19ma Biennale di Architettura di Venezia, che aprirà al pubblico il 10 maggio 2025, ha assegnato i suoi premi più ambiti: il Leone d’Oro alla Carriera va alla filosofa e attivista Donna Haraway, figura centrale del pensiero contemporaneo, mentre all’architetto e designer Italo Rota, recentemente scomparso, è stato attribuito il Leone d’Oro Speciale alla Memoria. La decisione, approvata dal CDA della Biennale presieduto da Pietrangelo Buttafuoco, nasce da una proposta del curatore della Mostra, Carlo Ratti. La cerimonia di premiazione si terrà a Ca’ Giustinian, in occasione dell’apertura del 10 maggio.
Il Leone d’Oro Speciale alla Memoria sarà ritirato da Margherita Palli, compagna di vita e di lavoro di Italo Rota, scenografa e costumista, partecipante alla Biennale Architettura 2025 con il progetto Material Bank: Matters Make Sense, insieme a Stefano Capolongo, Ingrid Maria Paoletti e Konstantin Novosëlov.
In precedenza il Leone d’Oro speciale alla Memoria della Biennale Architettura è stato attribuito all’architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana Lina Bo Bardi (1914-1992) su proposta di Hashim Sarkis, curatore della Biennale Architettura nel 2021; all’architetto giapponese Kazuo Shinohara (1925-2006) su proposta di Kazuyo Sejima, curatrice della Biennale Architettura nel 2010. Inoltre, il Leone d’Oro Speciale è stato attribuito nel 2020 all’architettoVittorio Gregotti (1927-2020), direttore artistico del settore arti visive della Biennale dal 1975 al 1977, che di fatto ha introdotto nell’istituzione lagunare l’architettura, organizzando diverse mostre significative per questa disciplina.
Leone d’Oro a Donna Haraway, un pensiero radicale e immaginativo
Il lavoro di Donna Haraway e la sua filosofia, dalla radicale natura critica e al contempo immaginativa, si distinguono per il loro impegno nel creare mondi alternativi: visioni positive in cui le difficoltà del presente possano essere superate o mitigate attraverso la creazione di nuovi miti e la coltivazione di nuove forme di parentela. A lei si deve la celebre figura del cyborg, icona ibrida e potente di una soggettività postumana, e il concetto di Chthulucene, epoca della convivenza multispecie, alternativa all’Antropocene.
Nata a Denver, il 6 settembre 1944, Donna Haraway è Distinguished Professor Emerita presso il Dipartimento di Storia della Coscienza dell’Università della California, Santa Cruz (UCSC). Ha conseguito un dottorato in Biologia a Yale nel 1972 e si occupa di studi sulla scienza e la tecnologia, di cui esplora le implicazioni filosofiche, politiche e culturali, con un approccio interdisciplinare che intreccia teoria femminista e studi multispecie. Ha supervisionato le tesi di oltre 60 dottorandi in diverse aree disciplinari e interdisciplinari. È parte attiva dello Science and Justice Research Center e del Center for Cultural Studies di UCSC. Il lavoro di Haraway si occupa dell’intersezione tra biologia, cultura e politica, ed esplora gli intrecci generati da fatti scientifici, fantascienza, femminismo speculativo, fabulazione speculativa, studi su scienza e tecnologia e pratiche di coabitazione multispecie.
Tra i suoi libri più noti, tradotti in italiano: Chthulucene: sopravvivere su un pianeta infetto, NERO, 2019, Compagni di specie: affinità e diversità tra esseri umani e cani, Sansoni, 2003; Testimone-modesta@femaleman-incontra-Oncotopo. Femminismo e tecnoscienza, Feltrinelli, 2000. Due le produzioni cinematografiche dedicate al lavoro della filosofa: Donna Haraway: Story Telling for Earthly Survival (2016), film documentario diretto da Fabrizio Terranova, e Camille & Ulysse (2021), diretto da Diana Toucedo, con Haraway e Vinciane Despret. Insieme ad Adele Clarke, Haraway ha co-curato Making Kin Not Population (Prickly Paradigm Press, 2018; edizione italiana DeriveApprodi, 2022), volume che affronta temi legati alla crescita demografica, alla giustizia riproduttiva femminista e antirazzista, alla giustizia ambientale e al benessere multispecie.
«Donna Haraway è una delle voci più riconoscibili del pensiero contemporaneo a cavallo tra scienze sociali, antropologia, critica femminista e filosofia della tecnologia», così Carlo Ratti ha motivato la decisione di assegnare il Leone d’Oro alla Carriera a Donna Haraway. «Negli ultimi quattro decenni ha saputo esplorare, in maniera multidisciplinare e con una costante capacità di invenzione linguistica, temi come l’impatto dell’evoluzione tecnologica sulla nostra natura biologica, o i modi in cui il contesto ambientale del Chthulucene stiano ridefinendo i confini tra umano e non umano. Haraway ha inventato questa definizione – sulla scia dello scrittore statunitense H.P. Lovecraft – come alternativa al termine “Antropocene” (normalmente usato per definire l’impatto umano sulla Terra) per enfatizzare l’urgenza della coesistenza e della simbiosi con altre specie».
La Biennale di Venezia celebra Italo Rota, architetto di mondi
Nato a Milano, il 2 ottobre 1953, e scomparso il 6 aprile 2024, Italo Rota si è concentrato per oltre 30 anni su una costante e avanzata ricerca cross disciplinare, dall’arte contemporanea alla robotica, per la definizione di progetti innovativi dove bellezza umanistica e sostenibilità diventano elementi integrati e dirompenti.
Laureatosi al Politecnico di Milano, lavorò per molti anni con Vittorio Gregotti e con Franco Albini. All’inizio degli anni Ottanta vinse con Gae Aulenti e Piero Castiglioni il concorso per gli spazi interni del Musée d’Orsay. Si trasferì quindi a Parigi, dove firmò con Gae Aulenti la ristrutturazione del Museo d’Arte Moderna al Centre Pompidou. Nella capitale francese aprì il suo studio e progettò le sale della Scuola francese alla Cour Carré del Louvre, l’illuminazione della Cattedrale Notre Dame e lungo Senna, la ristrutturazione del centro di Nantes. All’inizio degli anni Novanta tornò definitivamente a Milano.

Nella sua carriera, ha realizzato progetti e architetture in Italia e nel mondo, tra cui la ristrutturazione dei Musei Civici di Reggio Emilia, la nuova Fabbrica di Robot Elatech a Brembilla, il grande Teatro dei bambini in Maciachini a Milano, il nuovo Padiglione laboratorio Noosphere in Triennale di Milano, i Padiglioni EXPO Milano 2015 del Kuwait, del Vino Italiano e il Padiglione Arts and Foods. Lavori simbolici della sua poetica sono il Museo del Novecento in Piazza Duomo a Milano, la sede della Columbia University a New York, il Tempio Indù a Dolvy in India.
Innumerevoli le mostre in grandi Musei, le pubblicazioni, le installazioni e i padiglioni, fra i tanti il Padiglione centrale tematico per Expo Zaragoza 2008. Il suo lavoro è stato presentato all’interno del Padiglione Italia in diverse edizioni della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia: Innesti/Grafting, a cura di Cino Zucchi, con lo Studio Italo Rota & Partners (Biennale Architettura 2014, a cura di Rem Koolhaas); Ailati. Riflessi dal futuro, a cura di Luca Molinari, con lo Studio Italo Rota & Partners (Biennale Architettura 2010, a cura di Kazuyo Sejima); L’Italia cerca casa, a cura di Francesco Garofalo (Biennale Architettura 2008, a cura di Aaron Betsky).
Con il progetto per il Padiglione Italia Expo Dubai 2020, Rota ha iniziato una collaborazione con lo studio Carlo Ratti, continuato sino alla sua morte. È lo stesso Ratti a ricordarlo: «L’avventura della Biennale Architettura 2025 iniziò insieme a Italo Rota alla fine del 2023. Si interruppe tragicamente con la sua scomparsa avvenuta un anno fa. Per questo motivo, sono particolarmente contento che il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia abbia accettato la mia proposta di conferire a Italo l’alto riconoscimento del Leone d’Oro Speciale alla Memoria». Ratti ha anche citato la recente decisione del Ministero della Cultura – attraverso la Soprintendenza ai Beni Archivistici e Bibliografici della Lombardia – di apporre un vincolo per attrarre la sua opera al patrimonio culturale nazionale.