La giornata inaugurale di Arte Fiera Bologna 2020 è stata intensa, nel vivere e comprendere le opere nella loro varietà, nell’appagare la fervida curiosità che contraddistingue gli interessati, nel percorrere diverse volte i padiglioni di labirintica vastità. Il risultato è stato una gradevole sensazione di piacevolezza e stupore per la selezione attenta e raffinata, per la facilità di visione e l’assenza di caos, per alcuni particolari exploit di bellezza, spesso inattesi nelle manifestazioni fieristiche.
Nel reparto dedicato alle opere moderne di Arte Fiera 2020, etichetta data dalla maggior vicinanza al gusto del Novecento più che all’orientamento iper-contemporaneo, si incontrano quattro artisti che stupiscono, o meglio si affermano, per gusto e pensiero, con quattro opere diversissime tra loro, per tecnica e stile.
Pablo Atchugarry, artista uruguaiano classe 1954, la cui carriera esplose in Italia con la monumentale lavorazione del marmo di Carrara, si conferma per l’unicità delle sue opere, presenti in mostra a più riprese. Ritroviamo infatti la sua scultura astratta, Untitled, 2019, nella versione piccola, eseguita in bronzo e smaltata di vernice per automobili, nel color arancio squillante da Tonelli (Milano-Porto Cervo) e in rosso cadmio da Contini (Venezia-Cortina), rispettivamente Pad. 18 stand D/6 e A/33. La mano dell’artista crea sapientemente e con effetto di grande delicatezza sculture dalla forma indecifrabile, composte da verticali di forte astensionismo, intersezioni e fluide movimentazioni della materia, fredda e potente. Il contrasto nella percezione è forte, sicuro l’impatto.
David Reimondo, genovese classe 1973, concentra la sua pratica artistica sullo studio dell’essere umano, dedicandosi negli ultimi anni alla creazione di un alfabeto fonetico e simbolico composto da 359 simboli. L’esercizio di de-addestramento culturale – egli stesso è conscio del suo lato utopico per l’impossibile pretesa di distruggere la cultura attuale – non vuole sostituire la nostra lingua comune ma abituare a pensare e sentire diversamente: un esercizio di forma e stile. La volontà di evasione si percepisce come dominante nelle opere esposte da Mazzoleni (Torino-Londra) Pad. 18 stand B/6, dove tre grandi superfici stampate 3D in variazioni di bianco-argento mostrano il susseguirsi di lettere, numeri e simboli accompagnate dal loro suono fonetico. Un esploratore del tempo e dello spazio, che ricrea un mondo parallelo, fatto di istinto e astrazione.
Luigi Ontani, bolognese classe 1943, si conferma il maestro del kitsch. Un gusto con un lato raffinato nella sua esuberanza e variazione di colori, portatore di simbologie e pensieri, cumulatore di svariate tecniche e luccicanti materie. Il suo viaggio nelle epoche della storia si sublima, qui, nell’opera Tavolino extrametafisico, realizzato nel 2015 in maiolica policroma con finiture a riflessi e oro zecchino: un vaso, un portafrutta, una bottiglia rovesciata su un alto piedistallo tortile dorato la cui base è formata da un piede nudo e una scarpa viola, creano un exploit di colori dall’assicurato effetto decorativo. È la Galleria Maggiore g.a.m. (Bologna-Milano-Parigi) Pad 18 stand D/48, a rendergli omaggio, affiancando il suo diretto precedente, Natura Morta di Giorgio Morandi, una delle versioni per cui l’artista è celebre nella creazione di uno stilema per raffigurare gli oggetti al punto da divenire lo Chardin dei nostri tempi, insorpassato e insorpassibile nel tempo. La volontà di trovare una correlazione tra l’arte moderna e contemporanea da sempre caratterizza il lavoro della galleria che, anche in questo caso, trova nell’opera di Ontani l’essenza della stravaganza nel personalissimo recupero di un tema classico.
Mario Schifano non ha bisogno di presentazioni. Maestro della Pop Art italiana ed europea, fu un appassionato studioso di nuove tecniche – collage, serigrafiche, multimediali – a cui approda con successo, considerando la pittura obsoleta. Eppure, la magnifica opera Attraverso il deserto senza nome 2, tecnica mista, sabbia su tela e cornice dipinta, esposta dalla Galleria Tonelli, è un inno alla bellezza e fluidità della pittura su un classico supporto. Schifano vi rappresenta, nel 1985, un paesaggio dell’Africa, chiara reminiscenza della Libia italiana, dove nacque e passò l’infanzia fino alla fine della guerra. Non è un caso che nel periodo più maturo della sua produzione torni preponderante il ricordo di un tempo, della giovinezza, di un paesaggio vissuto, attraversato dal sole e dal calore reso con violenti segni rossi e gialli che verticalmente tagliano l’orizzonte e uniscono il blu violaceo del cielo con l’ocra del deserto. Un’opera eccezionalmente bella che merita di essere annoverata tra le migliori di ArteFiera Bologna 2020.
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