“…Luce ed ombra, inseparabili termini di un paradosso freddocaldo, chiamate ad inscenare questa tensione, fatta di incastri, corrispondenze, geometrie…”
La luce, potente, bruciante, violenta, tenta di entrare. Le strutture, però, la circoscrivono, ne disegnano i percorsi, stretti, precisi. E lei deve accontentarsi di diluirsi, indebolirsi e andare, con morbida dolcezza, a morire verso l’interno, solo debolmente rischiarato, tanto da essere appena percettibile, come ogni mistero che si rispetti.
Assistiamo quindi ad una lotta, interiore, giocata sul filo dell’estremo, rigorosa. Paola Mongelli ci offre se stessa, i suoi dubbi. I raggi di luce che si depositano sempre più deboli, diradano le ombre di quel tanto che é sufficiente a noi per lasciare spazio alla nostra intuizione. E a noi toccherà l’arduo compito di ricostruire, mediare. Assoceremo, quindi, e metteremo del nostro, ma sempre nel dubbio che un lieve scarto ci faccia capire di essere solo sulla nostra personale strada, una tra le tante possibili.
Noto assenza, in queste immagini. L’uomo, l’umano, é solo mediato dalla sua opera: la casa, le sue strutture geometriche gli spazi delimitati. La natura irrompe, diretta, nel caso della luce, evocata, nel caso della natura. Ombre vegetali si muovono negli interstizi, si insinuano nel gioco di luce ed ombra, reclamano la loro parte. Ma sempre in modo indiretto, per riflessioni o proiezioni. Anche l’unico accenno diretto alla vita, qui trova il suo essere solo in modo riflesso.
Il risultato é assolutamente fotografico, di equilibrio, nel tempo bloccato della meno classica delle situazioni del gioco degli scacchi, lo stallo, simbolo di parità assoluta, zona dalla quale non si può che ripartire. Per una nuova ricerca di se stessi.
Consiglio la visione di queste immagini.
P. V.
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