…c’è New York, in duecentottanta scatti, che sono storie, o forse sono lo stesso lungo racconto, ininterrotto, in una cascata di immagini, rigorosamente bianco e nero.
Fred McDarrah (Brooklyn, 1926), dal 1958 fotoreporter per “The Village Voice” (un giornale “che metteva in ridicolo il sistema”, come ricorda lo stesso McDarrah), è l’autore delle fotografie attualmente esposte alla Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea: divise in cinque sezioni, sono una sorta di reportage che si snoda lungo trent’anni; dalla generazione Beat, ai raduni hippy, alle manifestazioni del movimento femminista, al Gay Pride: i luoghi della Grande Mela ci sono tutti e non manca nessuno dei protagonisti. (da Ginsberg, a Corso, a Ferlinghetti, ai pittori dell’Espressionismo Astratto, agli artisti Pop, ai performer…) Eppure le immagini di McDarrah non sono state minimamente intaccate dalla retorica del tempo, documentano, ma non sono foto “storiche”, nessun posto è palcoscenico e non ci sono “personaggi”: parte della bellezza di questi momenti fermati sulla pellicola è, forse, nella durata esigua, nell’essere semplicemente battute d’inizio, istanti trattenuti nella memoria, per caso. Così ai poeti, agli artisti viene restituito un volto, che non è più un’icona.
È intatto, quel mondo (l’autore dice “una vita fa”), ricomposto in tanti frammenti senza colore, in un racconto che non è cronaca asettica né concede un’ovvia celebrazione a posteriori: è intatto, perché conserva l’entusiasmo e le contraddizioni, la rabbia ed un fermento creativo convulso, che invadeva ogni campo, che era un modo, l’unico modo, per vivere. Lo sguardo di chi riprende è dentro la scena, se ne è allontanato solo il tempo necessario allo scatto.
Quella fetta di New York, tra i caffè del Village, i teatri off, il ritrovo domenicale del Washington Square Park, resta impressa nelle foto di McDarrah un momento prima di diventare storia.
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