Categorie: Fotografia

La fotografia di Pacifico Silano riscrive l’archivio visivo della memoria queer

di - 10 Ottobre 2025

Fino al 23 ottobre 2025, la galleria Monti 8 di Roma ospita Assume the position, mostra personale di Pacifico Silano. Il progetto espositivo, accompagnato da un contributo critico di Roberto D’Onorio, interroga le dinamiche attraverso cui la cultura contemporanea si relaziona all’universo queer, mettendo in luce tensioni e contraddizioni che persistono nel presente.

Pacifico Silano è un artista fotografo americano la cui pratica si caratterizza per un approccio profondamente personale e archeologico alla memoria collettiva queer. Attraverso l’appropriazione e la rielaborazione di immagini trovate, Silano costruisce un corpus di opere che indaga le intersezioni tra desiderio, identità, nostalgia e perdita, con particolare attenzione all’esperienza gay maschile e alla crisi dell’AIDS che ha segnato profondamente la comunità LGBTQ+ negli anni Ottanta e Novanta.

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

La pratica artistica: appropriazione e trasformazione

Il metodo di lavoro di Silano si basa sull’appropriazione di materiali visivi preesistenti, principalmente fotografie trovate in riviste vintage, archivi personali, pubblicazioni erotiche e materiali effimeri della cultura gay. Nato nel 1986 a Brooklyn, in una famiglia cattolica di origine italiana, Silano ha dedicato la sua formazione artistica al lutto per lo zio, venuto a mancare per complicazioni legate all’HIV. Come scrive il critico Roberto D’Onorio nel testo che accompagna la mostra alla Galleria Monti 8, l’artista ha intrecciato «La necessità di riscattare dall’oblio le memorie e le trasformazioni della cultura LGBTQ+ con la volontà di interrogare l’impatto che il corpo nudo, scandaloso, non normato ha esercitato sulla costruzione dell’immaginario queer».

L’artista interviene su queste immagini attraverso processi di ritaglio, sovrapposizione, alterazione cromatica e riproduzione fotografica, creando nuove narrazioni visive che oscillano tra astrazione e figurazione. Silano adotta la tecnica della fotografia indiretta per la sua capacità di sospendere la percezione del reale e negare la “pura” rappresentazione del soggetto.

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

Questa pratica di appropriazione non è meramente formale ma profondamente politica. Silano recupera immagini che appartengono a un passato spesso rimosso o marginalizzato, restituendo dignità e visibilità a corpi e desideri che la storia ufficiale ha frequentemente ignorato o censurato. Le sue opere agiscono come un atto di archeologia queer, dissotterrando frammenti di storie personali e collettive che rischiano di andare perdute.

Memoria e perdita

Una delle tematiche più ricorrenti nel lavoro di Silano è il rapporto con la memoria, in particolare quella legata alla crisi dell’AIDS. L’artista appartiene a una generazione che non ha vissuto direttamente il culmine dell’epidemia, ma ne ha ereditato il trauma e il vuoto. Le sue opere funzionano come memoriali visivi, tentativi di ricostruire connessioni con una generazione di uomini gay decimata dalla malattia.

Le immagini frammentate, sfocate o parzialmente cancellate che caratterizzano molte sue opere riflettono la natura sfuggente della memoria stessa: ciò che ricordiamo è sempre parziale, mediato, soggetto a distorsioni e lacune. Silano non cerca di ricostruire una storia completa, ma di abitare questi spazi di incompletezza, restituendo al desiderio le coordinate verso l’utopia, verso quello spazio del non-finito, dell’incompiuto, di ciò che è indicibile.

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

Desiderio e intimitĂ 

Il desiderio, nelle sue molteplici manifestazioni, attraversa l’intera produzione di Silano. Le sue immagini catturano momenti di intimità, tensione erotica, vulnerabilità corporea. Tuttavia, questi corpi sono spesso de-individualizzati attraverso i processi di alterazione: vediamo frammenti, dettagli, superfici che diventano astratte. Questo approccio permette alle immagini di funzionare come archetipi del desiderio piuttosto che come rappresentazioni di individui specifici.

La chiave dell’estetica di Silano risiede nel fatto che la sua opera non interviene sull’oggetto desiderato, ma sulla sua sottrazione. L’artista crea una comprensione erotica che, per compiersi, necessita di un vuoto, di un’impossibilità di godere completamente l’immagine. L’erotismo in Silano è malinconico, intriso di nostalgia per connessioni perdute o mai pienamente realizzate. Le sue opere suggeriscono che il desiderio è sempre legato all’assenza, alla distanza, al ricordo.

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

IdentitĂ  queer e archivi personali

Arti, busti e dettagli sottratti a cowboy, soldati, marinai e altri archetipi apertamente maschili compongono una corpografia poetica (come la definisce Roberto D’Onorio) ispirata alle riviste erotiche gay vintage diffuse dopo i moti di Stonewall (1969) e negli anni segnati dalle perdite causate dalla crisi sanitaria.

Riutilizzando questi materiali, l’artista riflette su come le identità queer siano sempre state mediate da immagini, su come il desiderio sia stato storicamente codificato, nascosto, reso visibile solo in spazi marginali o commerciali. Il suo lavoro suggerisce domande importanti: cosa significa costruire un archivio queer? Chi ha il diritto di raccontare queste storie? Come possiamo preservare memorie che sono state sistematicamente cancellate?

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

Estetica e linguaggio visivo

Dal punto di vista formale, le opere di Silano si caratterizzano per una qualità eterea, quasi onirica. L’uso di colori desaturati o intensificati, la grana fotografica, le sovrapposizioni e le velature creano immagini che sembrano emergere da un passato nebuloso o da uno spazio psichico profondo.

La frammentazione è un elemento chiave: raramente vediamo corpi interi o scene complete. Questo approccio riflette sia la natura del materiale di partenza (spesso danneggiato, incompleto) sia una scelta concettuale che enfatizza l’impossibilità di accedere completamente al passato o all’altro. La mancanza agisce da moltiplicatore di immaginazione, in bilico tra corpo perfetto e corpo mancante.

La tensione tra figurazione e astrazione nelle sue opere è costante: i corpi diventano paesaggi, le superfici della pelle si trasformano in campi cromatici, i gesti intimi si dissolvono in forme ambigue. Questa ambiguità visiva rispecchia l’ambiguità dell’esperienza umana, del desiderio, della memoria.

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

Contesto e rilevanza contemporanea

Il lavoro di Silano si inserisce in un più ampio discorso artistico contemporaneo sulla fotografia trovata, l’appropriazione e l’archivio. Artisti come Richard Prince, Cindy Sherman o, più vicini tematicamente, Catherine Opie e Wolfgang Tillmans, hanno esplorato questioni simili riguardo alla rappresentazione, all’identità e alla memoria fotografica.

Tuttavia, Silano porta una sensibilità specifica legata all’esperienza queer e alla necessità urgente di preservare e reimmaginare storie che rischiano la cancellazione. In un’epoca in cui la cultura LGBTQ+ è sempre più visibile ma anche soggetta a nuove forme di backlash politico, il suo lavoro assume una rilevanza particolare come atto di resistenza culturale e affermazione storica.

Pacifico Silano, Assume the position, veduta della mostra, Monti 8, Roma, 2025

L’opera di Pacifico Silano ci invita a riflettere sul potere delle immagini di conservare, trasformare e trasmettere memoria. Attraverso gesti di appropriazione e riconfigurazione, l’artista non solo recupera frammenti di un passato queer, ma li rende disponibili per nuove interpretazioni, nuove identificazioni, nuovi desideri.

Il suo lavoro ci ricorda che la memoria è sempre un atto di costruzione, che le storie marginali richiedono sforzi attivi di preservazione e reinterpretazione, e che le immagini possono funzionare come ponti tra generazioni, tra passato e presente, tra l’individuale e il collettivo. In un mondo che continua a dimenticare o cancellare le storie queer, Silano offre un contro-archivio visivo, intimo e politico insieme, che afferma la dignità, la bellezza e la complessità dell’esperienza LGBTQ+.

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