Ritratto di Mario Spada, ph. Francesca Magnani
Bruce Gilden non era mai stato a Napoli quando l’azienda Leica gli ha commissionato un libro di ritratti, da svolgere in otto giorni. Il risultato è stato presentato nella mostra in corso attualmente al Leica Store del Meatpacking District, a New York. Quando ci siamo stati, nei giorni scorsi, eravamo tra i pochi visitatori che si sommavano ai clienti del negozio, aggirandosi tra enormi ritratti a colori e in bianco e nero.
Per Max Blagg che ha scritto il testo introduttivo al libro, «Gilden è un artista visivo che vede le cose con l’occhio di un poeta, ricavando bellezza da scene e soggetti che altri potrebbero trovare intimidatori, rischiosi o semplicemente ripugnanti. Mai osservatore distaccato, Gilden cerca attivamente il confronto coi personaggi che si adattano alla sua visione, volti che rivelano più vita di quanta ne nascondano, prove dettagliate di dolore e gioia, fame e perdita».
Così il fotografo racconta l’esperienza: «La situazione è questa: quando vai in un posto dove non sei mai stato, soprattutto se hai solo otto giorni a disposizione, devi trovare le zone che ti interessano. Per quanto cerchi di orientarmi ci sono zone che non ti interessano e altre che invece ti interessano, ma potresti anche trovare una zona interessante alle dieci del mattino, ma non altrettanto alle due del pomeriggio. Una volta trovato un posto, ci torno, ci torno e ci torno ancora. Ci torno ogni giorno. Alcuni giorni i risultati sono migliori di altri. Ma intanto faccio delle foto. Per esempio, il ragazzo con il naso ingessato».
Ci ha stupito un po’ il formato della mostra e, nel testo, la superficialità di alcune affermazioni, del tipo «Gli italiani del nord vedono Napoli come la sorella brutta», tuttavia abbiamo continuato a informarci, incuriositi da un’operazione che ha portato in Italia un notissimo fotografo di strada, un newyorkese membro della leggendaria agenzia Magnum.
Mentre ci aggiravamo nella West Side, avevamo in mente e negli occhi altre immagini, quelle storiche di Mario Spada, colui che noi consideriamo il fotografo di Napoli per antonomasia. Fu proprio Mario, 20 anni fa, ad accompagnarci a una mostra di Bruce Gilden, forse a Milano, forse a Palazzo Stelline.
In queste settimane, dunque, da qui, stando ambedue sul 41mo parallelo che, come è noto, accomuna Napoli e New York, abbiamo seguito la genesi del suo ultimo libro sulla sua città, che per molti versi si trova al polo opposto dell’altro.
L’autore è uno dei maggiori fotografi della città partenopea, una persona che conosciamo da oltre 20 anni. Chi ha occasione di sfogliare le pagine di Spina entra in una dimensione profonda, complessa e affascinante. «Spina raccoglie vent’anni di lavoro: 82 fotografie realizzate a Napoli dal 1996 al 2016. Il lavoro di selezione, di sequenza e disegno del libro è stato realizzato insieme a Patrizio Esposito: ha lo scopo di far inciampare quella “maledetta” fotogenia della città», così l’autore presenta il suo libro autoprodotto.
«Già nel 1996 sapevo che avrei realizzato un lavoro a lungo termine sulla città in cui vivo. Non sentivo il bisogno di andare altrove: c’era così tanto da scoprire proprio dove mi trovavo. Varcavo l’ignoto, in molte delle direzioni che prendevo. Per fotografare Napoli, dovevo dimenticarla. Napoli quindi non compare nelle fotografie e neanche nel testo di Pierandrea Amato, c’è qualcosa che va aldilà della frontiera, della categoria. È un universo molto più ampio. Queste fotografie, realizzate in tempi e contesti diversi, si uniscono ora in un’unica narrazione — una mappa nervosa di una città vissuta e osservata attraverso le sue fratture, tensioni e rivelazioni», continua Spada.
«Più che un archivio documentaristico, Spina è la sedimentazione di un’esperienza visiva e umana che restituisce una densità carnale, nei suoi gesti quotidiani, nei suoi rituali sacri e profani. È una città non semplicemente osservata, ma incontrata — un monumento vivente con cui confrontarsi. Il titolo rimanda a una sensazione visiva perturbante — “una spina nell’occhio” — un’irritazione che impedisce uno sguardo passivo o consolatorio. Queste immagini non cercano complicità; interrogano, destabilizzano, possono persino costringere lo spettatore a distogliere lo sguardo, ma non permettono di essere dimenticate. Il libro non contiene didascalie, numerazione delle pagine e frontespizio».
Quali sono dunque i prossimi appuntamenti? 8 giorni a Napoli si può vedere al Leica Store di New York fino al 2 novembre, mentre in Italia Mario Spada ha presentato Spina a Milano, il alla Scuola Bauer, in conversazione con Maurizio Garofalo, e a Torino, da PHOS. Prossima presentazione, nell’ambito di Bookcity, il 15 novembre alle 15, all’Istituto Italiano di Fotografia. Inoltre, dal 19 novembre al 20 dicembre anche Spina è in mostra, a Napoli, al Centro di Fotografia Indipendente in Piazza Guglielmo Pepe. In esposizione 60 delle 82 fotografie tratte dal libro.
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