Olivia Arthur, Jeddah ©MagnumPhotos
«La nomina a Capitale italiana della Cultura 2027 è l’occasione ideale per far luce sulle origini della città e il suo futuro» ha dichiarato l’Assessore alla Cultura di Pordenone Alberto Parigi, inaugurando quello che si preannuncia un inedito percorso culturale dove la fotografia viene letta e non più solamente osservata. Si chiama Sul leggere il ciclo di mostre che instaura un dialogo visivo e testuale tra i grandi maestri della fotografia internazionale e i fotografi contemporanei di grande risonanza, preceduto dalla recente esposizione Inge Morath. Le mie storie e le due mostre dedicate a Italo Zannier e Bruno Barbey. Una lettura che ha reso la città protagonista di eventi culturali legati al libro, ma che ora reinterpreta associandolo alla fotografia, alla sua grammatica complessa, e alla sua parafrasi del reale. Le tre ‘’apripista’’ di questo nuovo ciclo sono quelle dedicate a Olivia Arthur, Seiichi Furuya, e Robert Doisneau.
La prima di Olivia Arthur, classe 1980, membro dell’agenzia Magnum Photoshop dal 2013 e vincitrice del Inge Morath Prize 2007, si divide in due momenti organizzati in due spazi chiave per Pordenone. Il primo illustra la timeline artistica della Arthur articolata in tre libri (di cui due pubblicati dalla casa editrice fondata con il marito, dal nome Fishbar) che documentano la sua ricerca fotografica ai confini di una società fatta di donne, volti comuni e panorami parlanti, ospitato nella cornice dei Mercati Culturali di Pordenone, al loro debutto nella nuova veste di spazio culturale cittadino multifunzionale.
In mostra, stampe originali dei suoi lavori affiancati a frasi tratte dai libri, in un dialogo meta-letterario che volutamente confonde soggetto fotografato e parola scritta, e dove ricorre il tema identitario e di genere intrecciato agli usi e costumi del territorio. Il secondo momento della mostra di Olivia Arthur, dal titolo Murmuring of the Skin, è direttamente connesso alla vita culturale della città, ospitato nel Museo Civico d’Arte Ricchieri dove è stata a chiamata a reinterpretate i dipinti della collezione museale affiancando alcune delle sue foto, in un dialogo che si articola «sotto pelle», come spiega lei stessa, fatto di fisicità, contatto e interazione tra uomo e macchina, dove la pelle diviene luogo di battaglie interiori, di ferite, ma anche di resistenza.
Al piano inferiore si inaugura la seconda mostra del ciclo, dedicata all’artista giapponese Seiichi Furuya dal titolo Face to Face, capitolo conclusivo del suo corpus lavori Mémoires. Lo stesso titolo richiama la comparazione tra la fotografia come atto performativo e l’esercizio mnemonico. Al centro degli scatti ci sono lo stesso fotografo e sua moglie, la compianta Christine Gossler: le opere in mostra costituiscono un tentativo di evocazione e esplorazione del suo ricordo. «Voleva diventare un’attrice rinomata» racconta Furuya, e seguendo il suo desiderio la ritrae continuamente, facendola conoscere al mondo, animando il suo sguardo a tratti spento e rivelandone sottilmente la sua sofferenza. La mostra rappresenta un viaggio nel vissuto comune della coppia; una lettura doppia, a pagine alterne, della loro biografia.
A Robert Doisneau è infine dedicata la terza mostra, che chiude il ciclo negli spazi della Galleria Civica Harry Bertoia. Sono 100 gli scatti, selezionati dai curatori Gabriel e Chantal Bauret, che raffigurano la vita di una società da commedia neorealista, dove gli attori sono cittadini di una Parigi che accoglie l’obiettivo bianco e nero del fotografo francese con qualche rara pellicola a colori, ritratti in momenti intimi e fugaci che rappresentano una testimonianza della vita del Dopoguerra.
Lo sguardo ironico permeato dalla spontaneità dei luoghi e dei soggetti svela la passione di Doisneau per l’autenticità di una narrazione fotografica attentamente osservata e racchiusa nel grandangolo, dove il reportage diviene commedia teatrale urbana. L’obiettivo non è quello di esporre i grandi classici, come il noto bacio rubato, ma di mostrare anche le opere meno conosciute di Doisneau, come ad esempio le grandi committenze per i giornali francesi. Tra tutte, la serie che colpisce maggiormente è quella realizzata per Le Point, nella manifattura tessile di Aubusson, dove gli scatti dialogano con la carta stampata delle pubblicazioni francesi, svelando anche una connessione con il territorio pordenonese dove la tessitura è patrimonio culturale e industria dal ruolo fondamentale per la crescita economica locale.
Si intesse così un percorso culturale che elegge Pordenone a cornice ideale per la fotografia, dove voci autoriali diverse per genere e per epoca convivono nello stesso frame. Una trama complessa che rivela l’articolato tessuto socio culturale capace di accogliere lo sguardo dei grandi interpreti della fotografia.
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