Dopo le mostre di
Baselitz e
Cappucci, gli spazi lussuosi e incantati del Palazzo della Borsa accolgono un’iniziativa che ha la natura di uno showroom ben organizzato, dove poter incontrare differenti proposte artistiche del recente passato e di oggi, organizzate all’interno di un percorso critico esplicativo. Il motore è l’Associazione ligure e piemontese arte moderna e contemporanea, che cerca sbocchi di visibilità in luoghi prestigiosi, avallando le proposte con una presentazione critica e una curatela giovane e professionale. Una formula ibrida che collega la voglia di creare eventi di richiamo da parte della Camera di Commercio di Genova, al di fuori di una istituzionalizzazione che richiede sforzi ingenti.
Questo meeting somiglia a una conversazione da salotto, dove gli artisti dialogano con toni pacati, senza i concetti urlati ma con una traccia che si rifà alle trasformazioni del “secolo breve” teorizzato dallo storico inglese Eric Hobsbawm.
La selezione prevede alcuni salti quantici, ma non mancano interessanti assonanze: come quelle tra i lavori dedicati a un’idea di metropoli postmoderna, dove le desertiche distese di abitazioni dipinte in bianco e nero da
Jonathan Guaitamacchi incontrano le brillantezze metalliche dei grigi edifici di un’industria in via d’estinzione ritratta da
Andrea Chiesi, mentre la Genova espressionista e pseudo-fauve di
Pepa Perez acclama con colori sgargianti l’accumulo di edifici e di storia della città moderna dentro quella antica e viceversa.
Dedicati a una creatività primitiva e onirica, noir e fantastica, i lavori di
Stefano Ricci e
Simone Pellegrini rappresentano bene la
forma mentis che si cela dietro la tecnica del graffito, con quell’intreccio affascinante di stilizzazione e graffio con cui il primo mette in scena intime narrazioni ed evocazioni di forte impatto emotivo, mentre il secondo usa per creare un mondo di presenze tra loro interconnesse come in una visione panica.
Come saltando tra le pietre in uno stagno, la mostra si dipana tra i bei lavori sconfinanti nel desing di
Carla Tolomeo, tra poltrone infiorate e attaccapanni informati da accumuli di esotici uccelli, mentre
Zamfira Facas vi accosta un’armonia di pelli lavorate in composizioni astratte che parlano dell’uomo attraverso i materiali del suo vestire.
Meno forti alcune scelte di autorevoli nomi come
Aldo Mondino e il genovese
Mario Chianese, che tra la giovane arte stridono un poco, ma di forte interesse le immagini a tecnica mista di
Pier Paolo Koss, che ripercorrono il tema del rapporto tra l’ideologia e le masse di drammatica attualità in luoghi come la Corea del Nord, di cui Koss riprende le adunanze e le parate. Una suggestione lontana da quella subita dalle curatrici di questa mostra e legata al “
passaggio, evidente in Liguria e Piemonte, da un’economia di tipo industriale a una basata sullo sviluppo del turismo e del commercio”.