Lâautore è la scimmia inconsapevole di autoritrarsi, o il proprietario della macchina fotografica che vende la foto per sua? Storia di diritti, conosciuta mondialmente come âIl Selfie del Macacoâ che tiene banco da anni.
Gli antefatti: il fotografo britannico David Slater, nel 2011, andò in Indonesia per fotografare appunto i macachi cinopitechi. Uno di questi, chiamato Naruto, rubò lâattrezzo è iniziò a fotografare se stesso. Tra una marea di frame da buttare qualcosa di carino câera: un vero e proprio selfie con dentoni, che Slater pubblicò come sua nel libro âWildlife Personalitiesâ, vendendola a siti e giornali di tutto il mondo.
Solita storia: se lâartista non dipinge la sua tela ma la fa realizzare da maestranzeâŚnon è un artista. CosĂŹ vale per il fotografo. Ci si mise Wikimedia, che la attribuĂŹ al macaco per evitare di chiederli e pagarli a Slater, e poi ci si misero gli animalisti di PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) che fecero causa al fotografo a nome di Naruto. Per fortuna arrivò una corte federale della California, che nel 2016 diede ragione a Slater perchĂŠ una scimmia non può essere un autore, e tantomeno si può servire delle leggi sul copyright per una immagine scattata. La PETA, ovviamente fece ricorso.
Fino a ieri, quando Slater â forse un poâ stremato dalle folli accuse (tra le quali si sostiene âLa necessitĂ di estendere diritti fondamentali agli animali per il loro benessere e non in relazione allo sfruttamento che possono farne gli essere umaniâ, come se una fotografia fosse una sorta di olocausto) ha deciso di donare il 25 per cento dei futuri guadagni derivanti dalla vendita della foto ad associazioni che proteggono i macachi e la zona naturale in cui vive Naruto e la PETA ha ritirato il ricorso. E meno male che Slater per primo si era definito un ambientalista, convinto di poter portare un poâ di attenzione sulla specie in via di estinzione. Lâha fatto, ma pare anche che questa storia -tra viaggi da Londra a Los Angeles per i tribunali, spese legali e affini â gli sia costata cosĂŹ cara che per un poâ ha tentennato sulle possibilitĂ di continuare a fare il fotografo. Grazie alla PETA, insomma, e viva i Macachi. (MB)