“Epidemie e antichi rimedi tra le carte d’archivio” è il titolo del nuovo volume edito dal MIC – Ministero della Cultura, che racconta il rapporto tra malattie contagiose e cure, raccontato, nel corso dei secoli, in testimonianze scritte, immagini e documenti, un patrimonio storico dal valore inestimabile, conservato negli archivi. Il testo è infatti frutto del lavoro di ricerca svolto dagli Istituti archivistici italiani, che hanno dimostrato come parole, concetti e pratiche quali “quarantena”, “chiusura forzata” e “distanziamento sociale” facessero parte di un vocabolario già in uso in epoche passate e giunto ai giorni nostri, nel bene e nel male.
Il lavoro era iniziato già a ottobre 2020 quando, in occasione della Domenica di Carta – la giornata dedicata ai 100 Archivi di Stato e alle 17 Soprintendenze archivistiche e bibliografiche sul territorio nazionale – la Direzione Generale Archivi del MIC propose il tema comune dell’importanza cruciale delle fonti archivistiche per interpretare l’attuale condizione pandemica e inquadrarla in un contesto storico. Sull’argomento fu realizzato un viaggio virtuale per ripercorrere la storia collettiva e individuale legata alle epidemie. Le ricerche sono quindi confluite in un volume, sulla cui copertina campeggia l’immagine del medico della peste del ‘600, con la sua lugubre e iconica maschera dal becco appuntito che, in realtà, conteneva essenze aromatiche e polveri varie che si credeva agissero come filtro per impedire il passaggio dei batteri infettanti.
«Tanti contenuti scritti nel libro sono utili nel presente», ha commentato il Ministro Dario Franceschini, che ha curato la prefazione del libro. «Si può imparare molto dal passato, per esempio distanziamento e mascherine non sono un’invenzione di oggi». La peste, il colera, il vaiolo, l’influenza spagnola del XX secolo, gli ultimi casi di peste bubbonica alla fine della Seconda guerra mondiale e altre epidemie, vengono raccontate così attraverso la “voce diretta” dei documenti d’archivio. Si ritrovano quindi i divieti di circolazione, i provvedimenti delle autorità pubbliche per arginare il diffondersi dei contagi, le relazioni ufficiali sulla salute pubblica, le patenti di sanità per le navi, gli editti locali e nazionali. E anche i biglietti anonimi che accusavano le autorità di avere intenzionalmente diffuso l’epidemia, perché le radici del complottismo sono profonde. Tra le carte del volume anche i documenti redatti dai notai ai moribondi e le incisioni raffiguranti santi protettori come Sant’Eustachio invocati dai fedeli per guarire le infezioni.
Tutti frammenti di una storia lontana che ricordano da vicino le dinamiche, ormai familiari, della pandemia da Covid-19, comprese le reazioni delle popolazioni tra scetticismo, scoramento e fiducia. Ma il volume parla anche di progetti di ampliamento per gli ospedali, di cure, di rimedi, di dispute scientifiche, di locandine promozionali della vaccinazione, del sostegno delle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali come la Croce Rossa, dei successi degli studi e delle ricerche e, infine, del sollievo per aver raggiunto l’unico traguardo desiderato: il proclama di fine epidemia e la ripresa della vita sociale. «Un potente antidoto alla paura ed al disorientamento del presente, e la guida sicura che può orientarci nell’immaginare il futuro», come ha scritto Anna Maria Buzzi, Direttrice generale Archivi d’Italia, nell’introduzione del volume.
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