Si tratta di una raccolta di fotografie, in un magistrale b/n, che l’autore ha voluto dedicare alla bellezza inquietante e affascinante dei vulcani italiani, realizzate tra il 1984 e il 1995 tra Etna, Vesuvio, Stromboli, Solfatara, Vulcano e Bocche della Malvizia. Nel libro, immagini paesaggistiche mai banali, con tagli e inquadrature estremamente efficaci, si alternano a visioni ravvicinate di dettagli del crudo mondo magmatico, in una rappresentazione indecifrabile e surreale. Lava, lapilli, fumarole, fanghi bollenti e tutto quello che caratterizza l’aspetto misterioso e spesso minaccioso dei vulcani viene reso da Biasiucci con uno stile quasi da illustrazione, con la sensazione di trovarsi in un non-mondo; queste incredibili fotografie hanno la capacità di astrarre lo spettatore, di disorientarlo e di far sì che in esso si instaurino le giuste condizioni per essere trasportato in un sogno (incubo). È il silenzio, la solitaria attesa dell’evento (Godot) che inquieta: cosa si cela dietro quelle ombre lunghe, cosa può comparire da un momento all’altro appena fuori dall’inquadratura?
Suggestioni psichiche. Sono sensazioni che vengono spontanee a chi subisce il fascino di una certa letteratura fantascientifica. E forse è proprio fantascienza noir questa rappresentazione della Terra Primordiale: è davvero la nostra terra, il nostro mondo? Senz’altro è lui, ma come non lo abbiamo mai inteso, come la letteratura e i media non lo hanno mai interpretato, interessati più al senso documentaristico che a quello onirico. Biasiucci riesce a strapparci alla nostra realtà, riesce a costruire il mondo marziano dei nostri incubi, facendoci intuire che la Terra non è il Pianeta Azzurro.
È infatti il nero a dominare in queste foto, l’ombra, drammatica suggestione mentale. La Terra non è un’ostrica, la Terra contiene forme incomprensibili e sconosciute che suscitano curiosità e quindi timore. Le immagini mai hanno una connotazione iconografica, bensì assumono quella istintuale, armonica, in cui la comprensione non è possibile a partire dai cinque sensi. Solo lo stabilirsi di un’armonia completa con i toni e le forme dell’immagine, armonia che è frutto delle singole vicissitudini e paure, può rendere questo libro un vero spaccato dell’oscuro mondo interiore dell’uomo. Come nei quadri di Pollock, Dalì, Mirò o Kandinsky. E proprio a Kandinsky sembra rifarsi ilarmente la massa fusa dell’ultima fotografia del libro, ottimamente stampato, dove la forma circolare che assume, tra le mille possibili, un liquido nero e metallico, simile alla stereotipica linfa mortale di un essere nuovo (Terminator 2), apre uno squarcio crono-psichico nell’immaginazione: si sentono echi eraclitei, qualcosa si sta formando, nel torbido mondo della mutazione, si ha il sentore che presto qualcosa di oscuro nascerà. Panta rei, tutto scorre. La Vita nella non-Vita, laddove il subconscio pensa ci sia solo immobilità. Un vulcano è invece un cuore pulsante che caratterizza tutto il mondo che vive intorno ad esso. In realtà (ed è strano parlare di realtà di fronte a foto così irreali) c’è un universo di vita in questi luoghi, ma è una vita millenaria, che il nostro senso del tempo non percepisce e vive pertanto come morte. Non c’è una sola presenza umana in queste foto: l’uomo è niente al cospetto di questa geologia. La luce radente enfatizza i volumi e aggiunge gli accenti all’emozione di forme, textures e disegni, così come un concerto per pianoforte sarebbe solo una lunga monotonia senza improvvise accelerazioni ed enfasi. Biasiucci ci regala la sua visione dell’Inferno mentale, un luogo vuoto e desolato, pieno di una maligna e potente forza nascosta, un luogo da dove non si può tornare con le certezze di prima. E il tracciato sismografico che apre e chiude il libro viene ad assumere più il carattere di un encefalogramma: siamo sicuri che in fondo non sia stato tutto un incubo durante la nostra seduta dallo psichiatra (Brazil)?
A cura di Filippo M. Caroti
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Ciao, Filì...
passavo di qui, ho letto ogni tuo articolo, ma questo più di tutti mi ha fatto venire voglia di lasciarti un saluto e un augurio per il nuovo anno.
Grazie per avermi fatto vivere queste fotografie, difficilmente me ne dimenticherò.
p.s.: salutami Pam.