La nostalgia come motore di ricerca del nuovo: è questa la cifra dell’Eclettismo, che ‘combina’ stili differenti per inventare una nuova forma di espressione e raggiungere la piena libertà estetica. L’artista – in questo caso l’architetto – è padrone del passato di cui è figlio e si sente in diritto di deciderne il destino. Si muove così nel tempo e nello spazio, per tracciare la sua personale storia dell’arte. Questo in taluni casi porta all’estremo del Kitsch passando per il Revival. Come affermava Kaufmann il revival nasce dal bisogno degli uomini che ‘sconcertati dalle possibilità incredibili contenute nelle scoperte rivoluzionarie, avevano bisogno di riprendere fiato prima di continuare su un sentimento duro e arduo.’ E perciò si rivolgevano al passato, nascondendosi nell’imitazione o nella copia. L’eclettismo non imita né copia, ma cita e si interroga sul senso del passato. L’artista sogna un mondo in cui l’individualismo sia soppiantato dal collettivismo, facendo crescere l’architettura spontaneamente, come fosse ‘puro istinto’.
Fin qui, la teoria. Passiamo alla pratica. A parole, tutti possono essere eclettici, ma quanti sono capaci di esserlo veramente? Le Corbusier dialoga con l’Antico per rileggerlo in maniera antiaccademica, scoprendo i principi basilari della Modernità. Eclettico anche Aldo Rossi, che cerca ‘una presenza antica, tanto antica da essere futura’ e come lui Venturi che non guarda alla storia nella sua dimensione verticale, ma allo spazio orizzontale. Il suo è un eclettismo multiculturale, che cresce nel confronto con l’Altro da sé. La ricerca di Venturi mira a trovare un Nuovo che sia apparentemente estraneo al suo personale percorso, per poi svelarne le molte somiglianze. È dal tentativo di raggiungere il bello universale che nascono le Venezie di plastica dei deserti americani, e le architetture decontestualizzate che richiamano il Bello proprio perché ne sono la negazione. Questo è il Kitsch che si ‘appropria’ con brutalità dell’arte snaturandola e ‘distruggendola’, mentre l’eclettismo cerca di catturare e liberare l’essenza del Bello. L’eclettismo è struttura, come nell’Igloo Fibonacci di Mario Merz o nel Benjamin Franklin Memorial di Philadelphia. È suggerimento ed Idea, che vive del contatto con gli Altri – passati presenti e futuri – che si nutre della creatività dell’osservatore esterno, che all’opera dell’artista da un senso.
Think global, Act focal – con questo messaggio il libro si conclude – e, nel rispetto del tema trattato, la conclusione è solo apparente perché il lettore è chiamato a mettersi in discussione nel tentativo di comprendere cosa sia il Bello. E cosa il gusto. ‘L’equivoco dell’eclettismo’ illustra i diversi significati che la storia e l’arte hanno voluto attribuire a questo movimento, senza offrire una risposta definitiva, per lasciare al lettore l’ultima parola.
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