Otto i saggi che, in Scritti su Starck, indagano, da diverse angolazioni, la figura del geniale e irriverente designer, libero da conformismi e capace di imporre con estro accattivante il suo brand in tutto il mondo.
Tre gli scritti che esplorano il rapporto del designer con il territorio.
Se per molti aspetti, infatti, Philippe StarcK è “il passeggero tipico dei nonluoghi descritti da Marc Augé”, pronto a definirsi apolide e indipendente da qualsiasi realtà spaziale, il suo imprescindibile rapporto con il paese d’origine è esplorato dal saggio di Christine Colin. Vanni Pasca riflette, invece, sulla “fase italiana” del designer, il cui nome è, a partire dal 1984, associato alle aziende Italiane. Driade, Cassina, Flos, Kartell sono solo alcune delle realtà industriali che si lasciano sedurre dall’estro di Starck, capace di tradurre in oggetti le esigenze del mercato italiano. Pari onori e uno status quasi da star conquista anche negli Stati Uniti, dove ha il merito di catalizzare l’attenzione del largo pubblico, prima estraneo a una materia tanto “arcana”, quale il design. Così Christopher Mount indaga sull’abilità o scaltrezza del designer che, partendo da piccoli oggetti d’uso quotidiano (lo spremiagrumi Juicy Salif, lo scopino Excalibur) è riuscito a infiltrarsi nel mercato americano, fino a imporsi con un successo straordinario, firmando gli hotel più trendy degli USA.
Il rapporto di Starck con l’architettura (nel saggio di Sophie Trelcat) e il design (in quello di Stéphane Laurent e Valérie Guillaume) mettono in luce le caratteristiche più singolari di un demiurgo dei giorni nostri, mai stanco di stupire e di interpretare in modo mitico e teatrale la realtà circostante.
Sophie Trelcat, parte, infatti, dalla visione che l’eccentrico creatore ha elaborato sull’architettura, per interpretare successivamente l’opera di Starck stesso, talvolta messa in discussione negli ambienti ufficiali dell’architettura. Il rapporto sentimentale che Starck imposta con l’elemento architettonico, che deve trasmettere emozioni (ben illustrato dal progetto di Rue Starck, il suo unico tentativo urbanistico) sicuramente lo allontana dai metodi dell’architettura tradizionale. La stessa ironia, che troviamo negli oggetti starckiani, caratterizza anche alcune realizzazioni architettoniche dalle forme improbabili e dai nomi irriverenti, che rompono con i tradizionali codici semantici, a cui siamo abituati.
Aspetti più propriamente filosofici (il saggio di Michel Onfray) e semiotici (quello di Benoît Heilbrunn) dell’iter di Starck, concludono il testo, in cui emerge con tutta la forza e vitalità che gli è consona, la figura di un creatore libero e fantasioso, scaltro e audace, il cui approccio ironico e affettivo con l’oggetto ha di certo conquistato l’anima del consumatore.
giovanna canzi
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