Petaflops è il racconto di una cosmogonia di piccoli grandi flop. Tracce di un progresso arrivato già stanco e invecchiato. Dopo
Nicole Bachmann e
Massimo Uberti, il terzo appuntamento di
Project room della N.O. Gallery – nata dall’idea di mettere gli artisti in relazione con uno spazio minimo come gesto di sottrazione e riduzione estrema rispetto alle megalomanie di location vertiginosamente enormi – propone la riflessione di
Davide Bertocchi (Modena, 1969; vive a Parigi e Milano).
Il percorso visivo di
Petaflops, accompagnato da una suggestiva conversazione fra l’artista e Raimundas Malasauskas – scrittore e curatore che vive a New York -, dà forma a un problema che resta irrimediabilmente irrisolto: non sarà il progresso a svelarci il mistero della vita. “
Fortunatamente i nostri dubbi continueranno a restare senza risposta”, dice Bertocchi. “
Anche se siamo tecnologicamente molto più avanzati si ha l’impressione di non soddisfare affatto le aspettative passate e il futuro sembra un enorme flop”.
Perciò
Petaflops è la messa in scena della disillusione del progresso attraverso il capovolgimento di una somma simbolica di oggetti decontestualizzati e reinterpretati alla luce di una nuova filosofia. Così in
Passato-Futuro, dove una sveglia elettronica dal design anni ’70 viene modificata per non segnare più il ripetersi delle ore e dare invece “misure variabili” all’infinito, “
perché la ripetizione è l’unico modo di fermare il tempo”.
Il processo di disillusione si compie ancora nelle
Useless Revolutions di una palla a specchi da discoteca in versione total black, eterna memoria di una falsa velocità. Nel mezzo della “stanza dei petaflops”, centro e fulcro dell’universo, campeggia un uovo metallico – aulica citazione della
Sacra Conversazione di
Piero della Francesca, nucleo di un disco d’acciaio. Le fattezze sono quelle di un 33 giri, anch’esso simbolo di un progresso ormai obsoleto (
Alfa e Omega (chicken – or – egg problem)), ora disco volante di un universo ancora sconosciuto, ora specchio di un futuro irrisolto: prima l’uovo o la gallina?
“
Penso di essere abbastanza d’accordo con le conclusioni di Aristotele”, dichiara Bertocchi, “
ovvero che sia l’uccello che l’uovo siano sempre esistiti… Quindi sono gallina e uovo allo stesso tempo, o meglio mi sento metà gallina, metà uovo. Ogni lavoro giunge da entrambe le direzioni, visto che sono solo un piccolo frammento di un cerchio”.
Lasciando la mostra, lo sguardo del visitatore incontra
Endless. Ancora un rintocco dell’infinito, di quello spazio futuro che ci attende, “
non davanti, alle spalle”.