Peter Lindbergh (Polonia, 1944) è uno dei fotografi di moda più importanti della sua generazione. Da molti anni collabora con le maison più prestigiose e le modelle più desiderate. E giusto per non far mancar nulla al suo curriculum, ha curato diverse edizioni del prestigioso Calendario Pirelli.
Le sue immagini, riconoscibilissime, mantengono negli anni la medesima cifra stilistica, che si esprime innanzitutto nell’attenzione per la figura umana. I visi, in particolare, sono portatori di un’umanità che non viene meno neanche quando il fotografo tedesco si confronta con i volti più celebrati: da Linda Evangelista a Kate Moss, da Claudia Schiffer a Isabella Rossellini. Anche davanti ai primi piani più levigati e alle bellezze più congelate, lo sguardo di Lindbergh restituisce sempre persone e mai cose, anche se idealizzate da un bianco e nero smagliante.
Osservando alcuni dei suoi scatti più famosi, esposti in questa prima personale milanese, si palesano ancora una volta tutte le qualità del lavoro di Lindbergh. I volti e i soggetti sono ricorrenti, le modelle immediatamente riconoscibili anche se trasfigurate e decontestualizzate in ambienti e situazioni che non richiamano necessariamente il mondo patinato delle passerelle. Un modo di intendere e allestire il set che ha fatto scuola e che è oggi una costante nel lavoro di migliaia di fotografi di moda. Eppure, ciò che difficilmente ritroviamo nelle immagini di altri autori è la profonda coscienza formale di Lindbergh. Tale consapevolezza per lo studio dell’immagine si manifesta talvolta come un’informazione appena registrabile, un accento, un’inquadratura che svela anche solo per un istante la volontà dell’autore di innescare un confronto con la storia dell’immagine e della rappresentazione.
Non si produce mai in una verbosa citazione al mondo dell’arte, ma sfrutta la forza di alcuni luoghi comuni dell’immaginario senza ricalcarli, evitando di spingere il confronto in una rigida giustapposizione. Così come in alcuni lavori dall’evidente impostazione filmica, che però non danno mai l’apparenza di voler ricostruire una sequenza, ma piuttosto di appropriarsi di una certa immagine per capirne il mistero ed interpretarne la forza espressiva.
Ed è proprio l’immaginario cinematografico a suggerire al fotografo la serie di scatti recenti dal titolo Invasion. Sono immagini che descrivono con toni tipici del genere fantascientifico l’invasione di una città da parte degli extraterresti. Per questa serie mette da parte il raffinato bianco e nero per la pellicola a colori, che immediatamente proietta le scene in un’atmosfera da lungometraggio in technicolor. Autore anche di videoclip, cortometraggi e documentari, Lindbergh conosce il linguaggio cinematografico e mette in scena con ironia la strana invasione aliena. E come per ogni grande film di genere, il film è ancora più grande se i protagonisti sono famosi: eroina indiscussa? La meravigliosa Milla Jovovich, che svettando tra anonime comparse, sembra la rappresentante umana designata per questo primo contatto con gli ufo.
riccardo conti
mostra visitata il 24 gennaio 2006
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