Sebbene sia una figura centrale per il concettualismo italiano, Franco Vaccari (Modena, 1936) non ha mai realmente goduto in patria dell’attenzione e del risalto concesso invece ad altri autori coevi. Personalità che hanno segnato la ricerca artistica degli anni Settanta e che come lui parteciparono a quel movimento teorizzato da Germano Celant nella famosa mostra Arte Povera. Eppure, è lungo l’elenco delle prestigiose istituzioni internazionali che hanno ospitato i progetti dell’artista italiano dagli inizi della sua carriera fino ad oggi.
Finalmente uno spazio pubblico espone con chiarezza e scientificità il percorso artistico di un maestro il cui lavoro ha un forte dialogo con la contemporaneità più stringente. Sì, perché a differenza di altri suoi compagni di strada, che hanno perseguito un progetto compatto ma spesso basato sulla ripetizione di un medesimo modulo, Vaccari ha da sempre inteso l’importanza e lo sviluppo di un’attitudine che non può prescindere da un ragionamento sui media e sul ruolo dell’artista. Così visitando la generosa selezione di lavori (più di sessanta) ci si accorge presto dell’assoluta capacità di stare “tra i media”, una tensione questa che vede l’artista modenese non solo autore complesso, ma anche attento teorico. Negli anni infatti Vaccari ha firmato importanti saggi sulla figura dell’autore (Duchamp e l’occultamento del lavoro, 1978), e di riflessione sul medium da lui prediletto, la fotografia (Fotografia e inconscio tecnologico, 1979).
Simbolica di questa sfaccettata attività è la celebre opera presentata alla Biennale del 1972: Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio”. Si tratta di una cabina per fototessere nella quale i visitatori erano invitati a lasciare una segno fotografico della loro presenza, segno che andava poi a comporre su una grande parete un mosaico spontaneo e imprevedibile di volti e caratteri. Nella sua apparente semplicità era un lavoro radicale sul tema dell’identità, sul rapporto con i visitatori e sulla memoria. L’artista innescava così un processo che portava alla formalizzazione dell’opera, ma non alla sua definizione ultima.
Da allora Vaccari ha concentrato la sua ricerca attorno a tre tematiche principali: la dissoluzione dell’oggetto artistico, l’utilizzo di diversi media e il
La mostra, a cura di Vittorio Fagone e Nicoletta Leonardi, ha il merito di illustrare diligentemente l’ampio spettro visivo e concettuale dell’artista modenese con un’ampia selezione di fotografie, film e video. Ma anche libri d’artista e documentazioni di ambienti e installazioni realizzate in precedenti mostre. Infine, Vaccari ha realizzato per l’occasione un’opera che dialoga con un Albergo Diurno della vicina piazza Oberdan, introiettando ancora una volta la dimensione pubblica in quella confinata nello spazio espositivo. Un talento inesauribile che rappresenta nel panorama italiano un caso piuttosto unico di artista che riesce a far convergere diverse dimensioni: sperimentazione, comunicazione e teoria dell’opera d’arte.
riccardo conti
mostra visitata il 13 febbraio 2007
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