Dopo la mostra Holy Cow-Heidi&Heidi nel 2005, quest’anno alla Galleria Galica di Milano arriva Sister. Brigitte Niedermair (Merano, 1971) presenta elementi tipici del suo sostrato alto-atesino e del mondo occidentale più in generale, insieme a elementi del mondo orientale (primo tra tutti il burka, simbolo per eccellenza di tutto il mondo islamico, soprattutto della sua componente femminile). Ad incarnare tutti questi simboli diversi e contrastanti è infatti sempre una donna, una modella, una figura emblematica dell’universo femminile, in questo caso anche sorella dell’artista. Tutt’altro che familiare, però, questa figura ci appare quasi sempre interamente coperta da un burka nero: dietro le tre cime innevate di Lavaredo (che potrebbero facilmente sembrare montagne afgane), oppure col biscotto bavarese a forma di cuore e la scritta ti amo in tedesco. In altri casi coperta da una lucente parrucca bianca ed eleganti scarpe con tacco che fuoriescono dal velo, o ancora con scimitarra sfavillante e sandali dorati.
La presenza determinante e costante del burka, unita alla purezza dell’allestimento, fa in modo che siano il non detto ed il non visto a prevalere, in un’estetica dell’assenza e dell’annullamento. Il contrasto tra il nero del velo e gli accessori sfolgoranti, le pose sinuose ed il gioco dei riflessi di luci e ombre sapientemente ricreato, creano una figura sempre sinuosa, erotica: “un erotismo algido, efebico, privo di riferimenti carnali in cui la donna sta sempre in una zona borderline tra sacro e profano”, scrive Angela Madesani.
È l’esperienza come affermata fotografa di moda che contribuisce a determinare questo risultato, ma qui l’ironia non è fine a sé stessa come spesso accade nel mondo dell’Haute Couture. Ancora il burka nero in Batman ricopre una sagoma misteriosa da cui fuoriescono solo due piedi nudi di donna alle estremità superiori. Di fianco una foto piccolissima svela cosa c’era sotto quel burka: due donne nude, una che ci dà la schiena e l’altra sdraiata sulla sedia del ginecologo con le gambe spalancate.
È l’erotica ironia di cui parla Gerald Matt, curatore del Kunsthalle di Vienna.
Niedermair costruisce con attenzione e pazienza tutti i dettagli dell’illuminazione e della scena, rispettando un principio di bellezza armonica e proporzione di origine rinascimentale. Il risultato voluto è la creazione di un percorso di immagini che fanno riflettere sulla questione, attualissima, dell’incontro/scontro tra culture diverse, tra integrazione e affermazione della propria identità. Questione che, una donna nata in una terra dalle forti rivendicazioni autonomistiche e poi vissuta tra Milano e Parigi, non può e non vuole ignorare. Né può avere la presunzione di proporre facili soluzioni (ammesso che ve ne siano), lasciando il via libera a molteplici interpretazioni.
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