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Il piccolo libro dei colori, l’antropologo Michel Pastoureau sostiene che il blu è affidabile, giudizioso e tranquillizzante.
Luisa Rabbia (Torino, 1970; vive a New York) invece lo utilizza nelle sue tonalità sature e fredde a rappresentare, parliamo col “mistico” Heidegger, la gettatezza dell’uomo nel mondo, attraverso una serie di opere in successione -due sculture e un video- in una personale che ha per titolo
Together.
Di formazione concettuale e poverista, l’artista usa materiali sensibili al tatto quali carta e ceramica, contrassegnate dalla livida densità del blu, intervallata da sprazzi di bianco, qui utilizzato per la prima volta nella scultura
Sulla curva del giorno. Raffigura un feto adagiato sulla terra e soffocato dal suo stesso cordone ombelicale, che si dipana come un serpente velenoso sulla superficie circostante: le chiazze di bianco che ricoprono il corpo inerme suggeriscono l’idea delle radiografie e, insieme al blu particolarmente algido e saturo, fanno pensare al gelo, alla malattia, a una condizione di prossimità alla morte, anche se il complesso, nella sua plasticità, rimanda a un’invocazione di salvezza o a un desiderio di contatto. Nascere è morire, e l’ingresso alla luce sembra un atto di violenza.
Una sensazione d’inquietudine che viene evocata dalla scultura in ceramica che dà il titolo alla mostra, dove gli anelli di accrescimento degli alberi si sviluppano e avviluppano come radici su uno sfondo nero, aggrovigliandosi come tentacoli filiformi ma non senza un ordine: sembra vi sia infatti una certa ricorsività nel viluppo serpentino, forse a evocare il retropensiero di una solidarietà fra eventi, il fatto che siamo tutti qui legati e che le nostre azioni e i nostri pensieri si riverberino nel tempo con la logica inesorabile del principio metafisico di causa-effetto.
Una costante dei lavori in esposizione sembra essere l’autocontraddittorietà di simboli vitali, che si ritorcono contro sé stessi o si esauriscono nell’atto stesso di esistere. Si pensi all’ultima opera in successione,
Al di là dell’alba, il video raffigurante un corso d’acqua, simbolo intrinsecamente vitale, che però è rosso come il sangue e scivola silente lungo un desolato guado pietroso.
V’è anche qui una suggestione di violenza e inquietante abbandono. Siamo soli al mondo? E, paradossalmente e proprio per questo, siamo vincolati gli uni agli altri? Quale la natura della solidarietà esistenziale fra eventi e persone nel tempo? Non è sempre chiara la relazione concettuale che lega una visione del mondo già di per sé opaca e paralizzante con le espressioni che danno forma sensibile a tale idea. È sicuramente un’operazione molto difficile, e sebbene l’artista, chiunque egli sia, avverta il bisogno quasi fisico di riuscire a trasmettere sé stesso nell’opera d’arte -e quando vi riesce è un momento di rara bellezza-, a volte il limite va anche cercato, forse, negli occhi di chi guarda.